Introduzione
Sin dai primi anni 2000 è stato riconosciuto che l'esposizione (acuta e cronica) ad elevate concentrazioni di inquinanti atmosferici come monossido di carbonio, ossido e diossido di azoto, anidride solforosa, ozono, piombo e particolato (Particulate Matter – PM) è associata ad un aumentato rischio di eventi cardiovascolari, in particolare infarto del miocardio, ictus, aritmie, scompenso cardiaco e, in minor misura, arteriopatia periferica e tromboembolismo venoso.
Le maggiori evidenze riguardano il PM 10 e 2,5 e la loro associazione con la mortalità CV e con la cardiopatia ischemica.
Fig.1 Rappresentazione schematica delle associazioni epidemiologiche fra gli inquinanti atmosferici e le malattie cardiovascolari.
I risultati più consistenti riguardano la componente del particolato atmosferico (PM10 e PM2,5) rispetto agli inquinanti gassosi (NO2, CO, SO2, O3). Le associazioni più forti sono con la cardiopatia ischemica, seguita poi dallo scompenso cardiaco e ictus ischemico. Meno robusta è la relazione con la patologia aritmica, mentre solo pochi studi hanno riguardato l’associazione con la l’arteriopatia periferica (peripheral artery disease – PAD) o con il tromboembolismo venoso (venous thromboembolism – VTE).
Non solo le polveri sottili (PM 10, 2,5 e 1) ma anche altre sostanze presenti nell’aria come diossine, policlorobifenili (PBC) e pesticidi (interferenti endocrini) possono concorrere a danneggiare l’apparato cardiocircolatorio e ad accelerare lo sviluppo della malattia aterosclerotica.
Il particolato fine (particelle <2,5 micron) penetra facilmente nel circolo polmonare e si diffonde in tutti gli organi e apparati a cominciare da quello cardiocircolatorio dove danneggia la parete interna dei vasi, rendendoli meno elastici e più stenotici, contribuendo ad aumentare la PA e ad affaticare il cuore. Inoltre, facilita la trombosi.
Principali ipotesi patogenetiche
- Nell’ Ipotesi Trombotica l'inalazione di PM e la sua deposizione nei polmoni, specialmente delle particelle molto fini, porta a una risposta infiammatoria polmonare e al rilascio di citochine nel circolo sanguigno, che a sua volta determinano un aumento della coagulazione del sangue e la formazione di trombi. L'esposizione cronica al PM può anche favorire lo sviluppo della malattia coronarica.
- Nell’ Ipotesi Neurologica si suppone che le particelle inalate possano influenzare il sistema nervoso autonomo, o per stimolazione diretta attraverso i recettori nel tratto respiratorio, o indirettamente attraverso l'infiammazione e il rilascio di citochine, anche se il meccanismo esatto non è ancora chiaro. Gli effetti derivanti sul ritmo cardiaco possono poi portare ad aritmie potenzialmente anche fatali. È stata proposta anche una terza ipotesi mediante la quale il particolato ultrafine e/o i suoi componenti solubili potrebbero entrare nel flusso sanguigno e avviare direttamente uno stato di infiammazione sistemica simil-endotelite in siti diversi dal polmone, come per esempio nel fegato. Alcune particolari categorie di persone tra cui i soggetti diabetici sarebbero particolarmente suscettibili agli effetti acuti cardiovascolari dell’esposizione al PM
Bibliografia
- www.siprec.it inquinamento atmosferico e malattia cardiovascolare
- Annette Peters Air quality and cardiovascular health Circulation 2009 ; 120 :924-927
- Brook RD, Rajagopalan S, Pope CA 3rd et al American Heart As- sociation Council on Epidemiology and Prevention, Council on the Kidney in Cardiovascular Disease, and Council on Nutrition, Physical Activity and Metabolism. Circulation. 2010 Jun 1;121(21):2331-78
- Mills NL, Donaldson K, Hadoke PW et al. Adverse cardiovascular effects of air pollution. Nat Clin Pract Cardiovasc. Med.2009; 6:36-44 Epub 2008 Nov 25.
- Al-Kindi SG, Brook RD, Biswal S et al Environmental determinants of cardiovascular disease: lessons learned from air pollution Nature Reviews Cardiology 2020; 17:656–672
a cura di
Franco Bergesio