Un abbraccio e una preghiera per i medici italiani caduti durante l'epidemia di Covid-19Un abbraccio e una preghiera per i medici italiani caduti durante l'epidemia di Covid-19 

FAQ

In questa pagina vengono raccolte le risposte ad alcune domande frequenti su argomenti di interesse generale, che riguardano l'esercizio professionale dei medici e degli odontoiatri.

Gli argomenti saranno progressivamente implementati, così come le risposte ai quesiti, sulla base delle richieste degli iscritti, dell'evoluzione normativa e giurisprudenziale e sulla base dell'esperienza "sul campo".

Si auspica, in questo modo, di fornire uno strumento di aiuto semplice ma utile per risolvere alcuni dubbi e orientare correttamente il comportamento professionale.

Cos'è il certificato medico?
Il certificato medico è la testimonianza scritta su fatti e comportamenti tecnicamente apprezzabili e valutabili, la cui dimostrazione può produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalla legge, ovvero determinare particolari conseguenze a carico dell'individuo o della collettività aventi rilevanza giuridica e/o amministrativa.

Cosa significa "certificare"?
I contenuti possibili del certificato medico sono non soltanto le dichiarazioni circa lo stato di salute o di malattia, ma ogni fatto di natura tecnico-sanitaria che il medico ha potuto riscontrare direttamente nell'esercizio della sua professione (ad esempio, la sottoposizione a vaccinazioni, l'idoneità al lavoro, l'idoneità alla pratica sportiva, la salubrità degli ambienti di lavoro, ecc.). Rientrano, così, fra i contenuti possibili della certificazione medica anche fattispecie che non riguardano soltanto la salute o la malattia, ma anche eventi come la nascita o la morte, che il medico è chiamato a constatare di persona.


Quali sono i requisiti "formali" del certificato?
Il certificato deve essere privo di abrasioni e correzioni che possono far sorgere il dubbio di alterazioni o contraffazioni dell'atto. Nel caso di correzioni, devono essere indicate a chiare lettere e controfirmate dall'estensore. Inoltre il certificato deve essere redatto con una grafia chiara e comprensibile che non dia luogo ad equivoci. La terminologia e il significato del certificato deve essere intellegibile e coerente fra quanto constatato e quanto dichiarato nel certificato. La legge prevede una specifica modulistica solo per alcuni tipi di certificati (ad esempio, certificato di malattia per lavoratori privati, certificato di idoneità alla guida, ecc.).


Quali sono i requisiti "sostanziali" del certificato?
Il certificato deve riportare:

  • il nome, il cognome, la qualifica ed eventualmente la struttura sanitaria di appartenenza del medico certificatore;
  • le generalità del paziente o del richiedente;
  • l'oggetto della certificazione (eventuale diagnosi e prognosi). Nel caso di certificato redatto sulla base di referti obiettivi è opportuno citarli;
  • il luogo e la data di rilascio;
  • la firma del medico.


É necessario identificare il paziente tramite documento di riconoscimento?
Se fra medico e paziente sussiste un rapporto fiduciario consolidato, si deve dare per scontato che il medico conosca il paziente. Ma se il paziente non è conosciuto, è fortemente raccomandato al medico di chiedere l'esibizione di un documento di riconoscimento.
Infatti se il medico rilascia, anche in buona fede, un certificato col nome di una persona diversa da quella che ha realmente visitato, può essere accusato di aver agito con leggerezza emettendo un certificato che risulta falso.
Quindi identificare il paziente è molto opportuno per evitare qualunque tipo di problema legale.


Cosa significa "veridicità" del certificato?
Il Codice Deontologico impone al medico di redigere il certificato solo con affermazioni che derivano da constatazioni dirette, personalmente effettuate (ad esempio tramite la visita medica), oppure sulla base di documentazione oggettiva (ad esempio sulla base di referti oggettivi). Pertanto al medico non è concesso di redigere un certificato esclusivamente sulla base di quanto gli viene riferito dal paziente o da terzi o su fatti che egli non abbia personalmente constatato, perché questo rappresenta al limite una raccolta anamnestica, insufficiente di per sé a formulare una diagnosi certificabile. E' necessario, quindi, prestare molta attenzione a questi casi, perché è fin troppo facile per il medico esporsi al rischio di certificare qualcosa che in realtà non è veritiero.


Il medico può rifiutarsi di certificare?
Il Codice Deontologico impone al medico di rilasciare al paziente le certificazioni sul suo stato di salute. Ovviamente questo precetto va integrato con quanto detto alla risposta precedente, per cui il medico può e deve rifiutarsi di cerficare fatti che egli non abbia constatato personalmente o che non siano supportati da riscontri oggettivi. Altrettanto ovviamente, il medico deve rifiutarsi di certificare fatti che egli sappia non corrispondenti al vero. Infine il medico deve rifiutarsi di certificare nei casi in cui la legge prevede che il certificato possa essere rilasciato solo da colleghi rivestiti di particolari qualifiche.


Cos'è il reato di "falso materiale" in certificazione medica?
Il reato di "falso materiale" riguarda la parte formale del certificato. Il medico risponde di questo reato quando, nella redazione del certificato, commette alterazioni o contraffazioni mediante cancellature, abrasioni o aggiunte successive, miranti a far apparire adempiute le condizioni richieste per la sua validità. Come per ogni reato, presuppone il dolo, cioè l'intenzionalità.


Cos'è il reato di "falso ideologico" in certificazione medica?
Il reato di "falso ideologico" riguarda la falsa rappresentazione della realtà, cioè l'attestazione per autentici di fatti non rispondenti a verità. Si tratta, quindi, di una certificazione volutamente mendace per fatti o condizioni inesistenti. Come per ogni reato, presuppone il dolo, cioè l'intenzionalità.

Il certificato "erroneo" è un reato?
Se il medico commette un errore nel certificato, ma persuaso di essere nel vero e certificando conformemente alla propria convinzione, non può essere accusato di alcun reato perché in questo caso il certificato non è falso, ma soltanto erroneo. Tuttavia è una situazione che nella realtà può essere difficile da dimostrare.


Cos'è il certificato "compiacente"?
E' il certificato che tende, con terminologia volutamente imprecisa e ambigua, ad alterare una situazione o minimizzandola o rendendola sproporzionata. E' quindi un certificato che non risponde al requisito della veridicità e quindi può integrare gli estremi di reato di falso ideologico. E' irrilevante se questo tipo di certificato sia stato redatto per venire incontro alle esigenze del richiedente. Il medico non deve mai sottrarsi al dovere di attenersi alla veridicità dei fatti.


Il certificato falso può esporre anche al rischio di essere accusati di truffa?
Sì, perché il certificato può determinare la costituzione di diritti in favore del richiedente, con possibili oneri a carico di terzi o a carico dello Stato. Pertanto una falsa certificazione può esporre anche al rischio di essere accusati di truffa.


C'è differenza fra il certificato rilasciato dal medico dipendente pubblico, dal medico convenzionato o dal medico libero professionista?
Dipende dal contesto di riferimento. In linea di principio, ogni medico abilitato all'esercizio della professione e iscritto all'Albo è ugualmente idoneo a rilasciare una certificazione medica. Tuttavia leggi specifiche riservano la potestà certificativa in alcuni casi a medici in possesso di particolari qualifiche (ad esempio per la certificazione di morte, per la guida di autoveicoli, per il porto d'armi, per la sicurezza sul lavoro, per la pratica sportiva, per l'assenza per malattia dei dipendenti pubblici e privati, ecc.). Dal punto di vista giuridico, i certificati rilasciati dai medici dipendenti pubblici sono considerati "atti pubblici", in quanto il medico che li redige ha la funzione di pubblico ufficiale. Invece i certificati rilasciati dai medici convenzionati sono considerati "certificazioni amministrative", in quanto il medico che li redige ha la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Infine i certificati rilasciati dai medici liberi professionisti sono considerati "scritture private" in quanto il medico che li redige svolge un servizio di pubblica utilità. Queste differenze hanno rilevanza soprattutto dal punto di vista penale, perché le pene sono più severe per il falso in atto pubblico rispetto alle altre certificazioni.

Cos'è il "certificato storico"?
Il certificato storico è l'attestazione di una situazione che si è già verificata nel passato e che il medico ricostruisce sulla base di documentazione dell'epoca. Si tratta quindi di una certificazione "ora per allora". Questo tipo di certificazione è piuttosto frequente nell'ambito della medicina legale quando il medico svolge una funzione peritale, oppure quando il medico è chiamato a redigere atti aventi finalità assicurativa o previdenziale. Al contrario, un certificato "storico" non ha ragione di essere in altri contesti, come ad esempio per la certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti, perché il certificato deve essere contestuale all'accertamento della patologia e recare la stessa data dell'effettuazione della visita. Non è, quindi, consentito certificare "a posteriori": farlo esporrebbe il medico al rischio di essere accusato del reato di falsa certificazione.

Come si tutela la privacy del paziente nel certificato?
Se il certificato è richiesto dal paziente e consegnato a lui direttamente, non si pongono problemi di riservatezza. Viceversa, se il certificato viene consegnato ad una persona diversa dal richiedente, il medico deve acquisire una delega scritta che lo autorizza a rilasciare il certificato nelle mani di un terzo. E' importante ricordare che, comunque, il certificato deve essere consegnato dal medico o da un suo incaricato (ad esempio la segretaria), ma non deve essere lasciato in luoghi dove non si possa essere sicuri che il ritiro venga effettuato dal diretto interessato. Per i certificati di malattia ad uso lavorativo il medico deve evitare di indicare la diagnosi, in quanto il datore di lavoro non è tenuto a conoscerla. Fa eccezione il caso in cui sia lo stesso paziente a richiedere che la diagnosi sia espressamente indicata sul certificato, perché vuole beneficiare di permessi lavorativi speciali che il datore di lavoro può concedere solo previa conoscenza della diagnosi. In questo caso il medico è legittimato ad indicare le informazioni sulla patologia, proprio perché lo stesso paziente glielo ha richiesto.

Che cos'è il "Certificato Telematico"?
Dal settembre 2011 la normativa ha previsto la trasmissione dei certificati di malattia dei lavoratori dipendenti per via telematica, a cura del medico prescrittore.
In buona sostanza il medico, dotato delle credenziali di accesso al sistema informatico, compila il certificato di malattia sul computer e lo invia all'INPS, evitando così il rilascio cartaceo all'assistito. Il sistema genera un numero di protocollo attribuito al singolo certificato e tramite questo numero, sia il lavoratore che la sua azienda possono prendere visione del certificato emesso.

Quali sono i medici obbligati all'invio telematico del certificato di malattia?
Tutti coloro che visitano un paziente lavoratore e ritengono debba astenersi dal lavoro per una patologia in atto.
Prioritariamente quindi sono i medici dipendenti del SSN (ospedalieri e di distretto) e i medici convenzionati (medici di medicina generale, di continuità assistenziale, di emergenza territoriale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali interni). Costoro vengono dotati dalla ASL delle credenziali di accesso al sistema e devono obbligatoriamente utilizzare la procedura telematica di certificazione.
I medici che non hanno rapporti con il SSN (ossia i liberi professionisti) devono utilizzare la procedura telematica tramite le credenziali di accesso al portale "Sistema TS" che possono essere rilasciate dall'Ordine dei Medici presso cui sono iscritti.
In definitiva, qualunque medico è messo nelle condizioni di utilizzare la procedura telematica di certificazione.

L'obbligo del certificato telematico riguarda anche gli Odontoiatri?
Sì, anche gli Odontoiatri, come tutti i liberi professionisti, sono tenuti a rilasciare il certificato telematico di malattia ai loro pazienti-lavoratori quando ritengono di assegnare dei giorni di prognosi dopo un intervento odontoiatrico.
Anche gli Odontoiatri, infatti, possono disporre delle credenziali di accesso al portale "Sistema TS" dal quale è possibile generare il certificato di malattia telematico.
In proposito, vedasi il chiarimento della Commissione Nazionale Odontoiatri: pdf Certificati di malattia telematici Odontoiatri (418 KB)

Ci sono limiti per i certificati di malattia telematici per i lavoratori dipendenti, se rilasciati da medici e odontoiatri liberi professionisti?
L’art. 55-septies del D.Lgs. 165/2001, applicabile sia ai lavoratori del settore pubblico che del settore privato (art. 25 Legge 183/2010), prevede che nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare, l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
Ciò significa che i medici e gli odontoiatri liberi professionisti possono (anzi, devono) rilasciare il certificato di malattia telematico, ma se si tratta di una prognosi superiore a 10 giorni, devono limitarsi a prescrivere 10 giorni e l'eventuale prognosi aggiuntiva potrà essere certificata, tramite un certificato di continuazione, solo dal medico pubblico.
Nel caso in cui si tratti del terzo evento di malattia nell'anno solare, il lavoratore deve essere consapevole che, per ottenere l'indennità di malattia INPS, deve rivolgersi ad un medico pubblico, perché l'assenza per malattia giustificata dal certificato del medico libero professionista non potrà essere indennizzata dall'INPS.

E se il sistema telematico non funziona?
Nel caso in cui si presentino interruzioni o malfunzionamenti nel sistema informatico, essendo prioritario il dovere assistenziale, è consentito rilasciare il certificato di malattia in forma cartacea, ma è opportuno indicare sul certificato che l'utilizzo del cartaceo è dovuto al temporaneo malfunzionamento del sistema informatico (con data e ora del rilascio).

Ci sono sanzioni per il mancato utilizzo della procedura di certificazione telematica?
I medici dipendenti e convenzionati con il SSN che senza validi motivi non utilizzano la procedura telematica vengono sottoposti dalla ASL a procedimento disciplinare che può concludersi anche con la cessazione del rapporto di lavoro.

Il certificato di malattia telematico riguarda tutti i lavoratori dipendenti?
Il certificato telematico è obbligatorio per tutti i lavoratori del settore privato e per la maggior parte dei lavoratori del settore pubblico.
Più precisamente, sono esclusi dal certificato di malattia telematico (e quindi hanno diritto ad ottenere il certificato cartaceo) i dipendenti pubblici appartenenti alle Forze Armate, ai Corpi militari dello Stato e al Corpo dei Vigili del Fuoco.

Il medico che non può o non vuole fare il certificato telematico, può delegare un collega o rinviare la certificazione al medico di famiglia?
Assolutamente no.
Il certificato di malattia è l'atto conclusivo di una visita medica, per cui solo il medico che ha constatato l'esistenza di una patologia è tenuto a certificare quanto ha constatato, non altri.
Proprio per questo motivo, se ad esempio il paziente viene visitato in ospedale sarà il medico ospedaliero che l'ha visitato ad emettere il certificato di malattia telematico, così come se viene visitato in un ambulatorio della ASL sarà il medico specialista ambulatoriale ad emettere il certificato. Allo stesso modo, se il paziente viene visitato da un medico privato libero professionista, sarà costui a dover rilasciare il certificato di malattia.
Non è corretto, quindi, visitare il paziente e rinviarlo al medico di famiglia o ad altro collega per il rilascio del certificato, anche perchè questa situazione esporrebbe il medico certificatore all'accusa di falsa certificazione perchè certifica qualcosa che non ha direttamente e personalmente constatato.
Questi principi ovviamente valgono anche per l'eventuale certificato cartaceo.

Considerazioni conclusive
Il medico deve sempre essere consapevole che ogni suo atto, per quanto semplice e apparentemente banale possa essere, è carico di implicazioni giuridiche, amministrative e deontologiche. Quindi deve prestare la massima attenzione ed il massimo scrupolo in ogni momento della propria attività, anche nell'esecuzione di atti spesso banali come la redazione di certificati medici. Che sono molto frequenti e, proprio per questo, è più alto il rischio di disattenzioni o superficialità che però possono avere conseguenze legalmente pesanti.

Cosa si intende per "studio medico"?
Lo studio medico o odontoiatrico è l'ambiente in cui svolge la propria attività il professionista abilitato, ed è caratterizzato dalla prevalenza del suo apporto professionale ed intellettuale rispetto alla disponibilità di beni, strumenti e accessori. Questa definizione non è prevista da una specifica norma di legge, ma è una elaborazione della dottrina e della giurisprudenza.

Che differenza c'è fra lo studio medico e l'ambulatorio?
Come detto in precedenza, nello studio medico prevale l'apporto del professionista rispetto ad ogni altro fattore produttivo, mentre per ambulatorio si intende un ambiente in cui esiste una complessa organizzazione di lavoro, beni e servizi assimiliabile al concetto di impresa, per cui l'apporto del professionista è soltanto uno degli elementi che ne fanno parte. Al concetto di ambulatorio è assimilabile quello di "struttura sanitaria", intesa come organizzazione complessa nella quale i fattori produttivi sono organizzati sul modello dell'impresa.

Questa distinzione fra studio medico e ambulatorio o struttura sanitaria che conseguenze pratiche ha?
Dal punto di vista amministrativo, la principale conseguenza di carattere generale è che il linea di principio lo studio medico non dovrebbe aver bisogno di una specifica autorizzazione, proprio perché l'elemento principale ed esclusivo del suo funzionamento è il professionista, il quale è in possesso dell'abilitazione a svolgere la professione di medico chirurgo o di odontoiatra. Viceversa, l'ambulatorio o la struttura sanitaria hanno bisogno, per poter funzionare, di una apposita autorizzazione, in quanto si tratta di un'organizzazione complessa di lavoro, beni e servizi.

Perché si dice che lo studio medico "non dovrebbe aver bisogno di una specifica autorizzazione"?
Proprio in virtù del concetto di cui sopra, per molti anni agli studi medici ed odontoiatrici non è stato imposto alcun obbligo autorizzativo, in quanto non rientranti fra le strutture soggette ad autorizzazione ai sensi del Testo Unico delle Leggi Sanitarie.
Tuttavia, a seguito della riforma sanitaria del 1999, è stata prevista la necessità dell'autorizzazione per gli studi medici ove si eseguono prestazioni di particolare complessità o che comportano un rischio per la sicurezza del paziente.
La definizione dei requisiti e degli standard è stata attribuita alla competenza delle Regioni.

Allora qual è la situazione attuale in Toscana?
La Regione Toscana, con la Legge Regionale n. 51 del 05/08/2009, ha individuato quattro tipologie di studi soggetti ad autorizzazione: gli studi che erogano prestazioni di chirurgia ambulatoriale, gli studi che erogano prestazioni di endoscopia, gli studi odontoiatrici e gli studi dove di effettuano prestazioni di diagnostica strumentale non complementare all'attività clinica, con refertazione per terzi.

Tutti gli studi che svolgono questo tipo di attività sono quindi soggetti a vigilanza sanitaria?
Sì, anche se con modalità differenti.
Infatti, con il successivo regolamento di attuazione n. 79/R del 17/11/2016, poi aggiornato con regolamento n. 90/R del 16/09/2020, la Regione Toscana ha precisato che se in questi studi vengono erogate esclusivamente prestazioni a "minore invasività" oppure mere visite senza nessuna attività invasiva, non vi è obbligo di preventiva autorizzazione, ma il medico è tenuto a presentare al Comune di competenza la Segnalazione Certificata di Inizio di Attività (SCIA).
Più precisamente, per gli studi dove il professionista effettua solo visite o diagnostica strumentale non invasiva e complementare all'attività clinica, è prevista la SCIA in forma semplificata, mentre per gli studi dove il professionista effettua prestazioni a "minore invasività" è prevista la SCIA ordinaria.

E se il medico lavora all'interno di una struttura sanitaria privata?
In questo caso la vigilanza sanitaria ricade sulla struttura, che per legge regionale deve essere autorizzata per poter funzionare. Tant'è vero che, fra i requisiti previsti dalla normativa regionale per le strutture, vi è l'obbligo del Direttore Sanitario, come figura di responsabilità tecnico-organizzativa.
In questo caso, quindi, la struttura è il "titolare" dell'autorizzazione e il singolo medico che è incardinato nell'organico della struttura non è soggetto ad obblighi perchè il suo lavoro rientra all'interno della branca specialistica per la quale la struttura è già in possesso di autorizzazione.
Diverso il caso se il medico non è incardinato nell'organico della struttura (ad esempio ha in affitto una stanza). In questo caso il suo lavoro non rientra all'interno dell'attività della struttura ed egli è direttamente e personalmente il "titolare" dello studio preso in affitto, per cui emerge l'obbligo di chiedere l'autorizzazione o presentare la SCIA, a seconda dei casi.

Dove è reperibile la normativa della Regione Toscana?
Sul sito internet istituzionale della Regione: https://www.regione.toscana.it/-/autorizzazione-e-accreditamento-strutture-sanitarie

Quindi, riassumendo, come si concretizza la vigilanza sanitaria per gli studi medici?
Per gli studi dove si eseguono prestazioni "ad alta invasività" è obbligatoria la preventiva autorizzazione sanitaria.
Per gli studi dove si eseguono prestazioni "a minore invasività" è obbligatoria la presentazione della SCIA ordinaria.
Per gli studi dove si effettuano mere visite eventualmente con diagnostica strumentale non invasiva e complementare all'attività clinica è obbligatoria la presentazione della SCIA in forma semplificata.
Per gli studi dove si esegue diagnostica strumentale con refertazione per terzi (non complementare all'attività clinica principale), è obbligatoria la preventiva autorizzazione sanitaria se l'attività diagnostica è invasiva; è obbligatoria la SCIA se l'attività diagnostica non è invasiva.

Ci sono tipologie di studi comunque esclusi da ogni obbligo?
Sì, in primo luogo i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN sono esclusi dall'obbligo della SCIA, tranne nel caso in cui il medico svolga, a latere della convenzione, attività libero professionale specialistica, nel qual caso ricade nell'obbligo della SCIA, alla pari di ogni libero professionista.
Inoltre per gli studi dove si effettua mera attività peritale senza contatto col paziente (si pensi ai medici legali che redigono pareri sulla base di mera documentazione o esami autoptici) non è dovuta alcuna SCIA.
Infine per gli studi dove si effettua esclusivamente attività di psicoterapia non è dovuta alcuna SCIA, tranne il caso in cui venga svolta attività di psichiatria con prescrizione di farmaci, perché in tal caso si ricade nell'obbligo della SCIA semplificata.

Cosa si intende per "alta invasività" e "minore invasività"?
Sono considerate prestazioni sanitarie "a minore invasività" quelle che non richiedono l'apertura chirurgica delle sierose, hanno un rischio statisticamente trascurabile di complicazioni infettive e/o immediate e prevedono un dolore post-procedura non significativo. In pratica sono quelle individuate con la lettera M nel Catalogo regionale delle prestazioni specialistiche ambulatoriali: http://www301.regione.toscana.it/bancadati/atti/Contenuto.xml?id=5267805&nomeFile=Decreto_n.16269_del_14-10-2020-Allegato-A
Per differenza, tutte quelle prestazioni che nel Catalogo regionale non sono individuate con la lettera M (e nemmeno con la lettera H e R e non si tratta di mere visite), sono da considerarsi "ad alta invasività".

Perchè l'attività di mera visita, senza nessun tipo di invasività e rischio per il paziente, è soggetta a SCIA?
Si tratta di una novità introdotta dal regolamento regionale n. 90 del 16/09/2020.
In effetti, prima di tale novità, l'attività di mere visite era considerata "attività libera" cioè esercitabile senza necessità di presentare la SCIA.
Il nuovo regolamento regionale ha invece esteso la vigilanza sanitaria anche all'attività di mere visite introducendo l'obbligo di presentare la SCIA, seppure in forma semplificata.
I professionisti che fino ad ora svolgevano mere visite e che non avevano mai presentato la SCIA, sono adesso tenuti a farlo.

Che cosa è in poche parole la SCIA?
É una dichiarazione con la quale il professionista attesta, sotto la propria responsabilità, che il suo studio è in regola i requisiti previsti dalla normativa regionale. Deve essere presentata al Comune ove è ubicato lo studio e l'attività professionale può essere iniziata dalla data di presentazione della SCIA stessa. Al ricevimento della SCIA, il Comune ha 60 giorni di tempo per adottare motivati provvedimenti di divieto di presecuzione dell'attività. Successivamente il Comune può sempre adottare tali provvedimenti, ma solo in caso di falsità o mendacia degli atti e delle relazioni di cui la SCIA è corredata.
Inoltre il Comune, tramite il Gruppo di Verifica regionale, può sempre disporre verifiche e sopralluoghi quando ne ravvisi la necessità ai fini del buon andamento delle attività sanitarie.

Cosa va allegato alla SCIA semplificata?
Alla SCIA semplificata va allegato:

  1. planimetria catastale con attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale;
  2. autocertificazione degli adempimenti e dei controlli svolti sulle attrezzature sanitarie presenti, con riferimento specifico alla messa a terra;
  3. relazione, asseverata da un medico igienista o da un tecnico con esperienza almeno triennale nell’ambito dei processi di sterilizzazione o dal tecnico installatore dell'apparecchiatura di sterilizzazione, descrittiva delle modalità di sterilizzazione e degli indicatori di processo e di efficacia di cui lo studio è dotato;
  4. lista di autovalutazione:  pdfLista autovalutazione (193 KB)  spreadsheetLista autovalutazione (65 KB)

Nel caso in cui lo studio medico non disponga di attrezzature sanitarie nè di processi di sterilizzazione (attività di mera visita), i punti 2 e 3 devono essere sostituiti da una dichiarazione con la quale il medico attesta che, per la sua attività, non necessita di attrezzature sanitarie nè di processi di sterilizzazione.

E cosa invece va allegato alla SCIA ordinaria?
Nella SCIA ordinaria vanno dichiarati gli estremi del certificato di agibilità dei locali, l'elenco dei professionisti collaboratori e/o dipendenti e inoltre va allegato:

  1. planimetria, in scala 1:100  sottoscritta da un tecnico abilitato con indicazione della destinazione d’uso dei locali completa di rapporti  aeroilluminanti ed altezza, conforme alla normativa vigente;
  2. inventario delle attrezzature sanitarie, con indicazione di marca, modello e matricola, anno di produzione ad eccezione dei beni mobili di valore non  superiore al tetto vigente (ad oggi € 516,00);
  3. relazione, asseverata da un medico igienista o da un tecnico con esperienza almeno triennale nell’ambito dei processi di sterilizzazione o dal tecnico installatore dell'apparecchiatura di sterilizzazione, descrittiva delle modalità di sterilizzazione e degli indicatori  di processo e di efficacia  di cui lo studio è dotato;
  4. lista di autovalutazione:  pdfLista autovalutazione (193 KB)  spreadsheetLista autovalutazione (65 KB)

La dotazione per le emergenze, compreso il defibrillatore, è obbligatoria?
Il carrello per le emergenze (o equivalente) è una dotazione necessaria per gli studi che erogano prestazioni a bassa invasività e oltre (quindi soggetti a SCIA ordinaria o autorizzazione) ma non per gli studi dove si effettuano mere visite (soggetti a SCIA semplificata).

La presentazione della SCIA comporta il pagamento di qualche tassa?
E' prevista una tassa regionale di 300 euro per ogni SCIA presentata, più eventuali diritti di istruttoria per il Comune (il Comune di Firenze non li richiede; per gli altri Comuni è necessario informarsi presso il SUAP competente).
Nel caso in cui il medico abbia più studi nel medesimo Comune, può presentare un'unica SCIA allegando le planimetrie e gli altri documenti di tutti gli studi oppure presentare separate SCIA, una per studio, indirizzate al medesimo Comune. Fino al 02/11/2021 il pagamento degli oneri regionali (pari a 300 euro) è previsto solo una volta per Comune.

Ci sono requisiti generali o specifici per gli studi soggetti a SCIA?
Premesso che lo studio deve essere comunque in possesso dei requisiti di agibilità previsti dalle norme urbanistiche e di una idonea illuminazione e aerazione, i requisiti generali e specifici che devono possedere gli studi medici e odontoiatrici soggetti a SCIA sono indicati nell'Allegato C al regolamento regionale n. 79/R del 17/11/2016, come aggiornato con regolamento n. 90/R del 16/09/2020.
In particolare, l'Allegato C elenca nelle prime tre pagine i requisiti degli studi soggetti a SCIA, mentre nelle successive cinque pagine elenca i requisiti degli studi soggetti ad autorizzazione.
L'Allegato C è qui consultabile: pdf Allegato C DPGR 90 2020 (216 KB)

L'unità immobiliare ove ha sede lo studio deve essere accatastata come "ufficio"?
Dipende dai regolamenti urbanistici comunali. In generale, se l'unità immobiliare viene utilizzata esclusivamente come studio professionale, dovrebbe essere classificata al Catasto come "ufficio" ossia con il codice A/10.
Se, viceversa, lo studio è una porzione di una unità immobiliare adibita a civile abitazione, allora non è necessario il cambio di destinazione, ma deve comunque essere assicurato il rispetto dei principi di netta separazione fra i locali adibiti a studio e gli ambienti adibiti a civile abitazione o ad usi diversi da quello sanitario, come previsto al punto STU.S.1 dell'Allegato C sopra citato. Per gli aspetti urbanistici e catastali è opportuno farsi assistere da un geometra.

A chi e come si presenta la SCIA?
La SCIA deve essere presentata al SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) del Comune ove è ubicato lo studio.
La compilazione e l'inoltro al SUAP deve avvenire in modalità telematica attraverso il portale regionale STAR (Sistema Telematico Accettazione Regionale) accessibile all'indirizzo: www.suap.toscana.it. E' necessario essere in possesso delle credenziali SPID oppure della CNS (Tessera Sanitaria attivata). In caso contrario è necessario dare delega ad un professionista abilitato (commercialista, geometra, ecc.).
Sul portale STAR, nella sezione "Documenti", è presente il Manuale Utente per essere guidati nella procedura. E' altresì presente un apposito video tutorial.
Sempre sul portale è presente un servizio di "Help Desk" per eventuali problemi tecnici durante la procedura.

Dove sono ubicati gli uffici comunali competenti?
Per il Comune di Firenze la competenza amministrativa è dell'Ufficio Farmacie e Autorizzazioni Sanitarie ubicato in Via Palazzuolo 12. Tale ufficio è contattabile ai numeri telefonici 055.261488 e 055.2616424 nei giorni di mercoledì e giovedì con orario 9.00 - 13.00.
Per gli altri Comuni della Città Metropolitana è necessario consultare i rispettivi siti internet istituzionali.

Esistono prestazioni che, in ogni caso, non sono eseguibili negli studi medici?
Sì: gli interventi chirurgici, le procedure diagnostiche o terapeutiche invasive che richiedono forme di anestesia diverse dall'anestesia topica e locale sono eseguibili soltanto in strutture ambulatoriali o di ricovero per acuti, così come gli interventi chirurgici o le procedure diagnostiche o terapeutiche invasive che richiedono la presenza di più medici della stessa o di diversa disciplina, compresi i medici anestesisti.
Inoltre le attività di endoscopia ad accesso chirurgico percutaneo possono essere effettuate esclusivamente presso strutture ambulatoriali o di ricovero per acuti.
Infine, gli interventi odontoiatrici che necessitano di anestesia totale sono anch'essi eseguibili soltanto presso strutture ambulatoriali o di ricovero per acuti.

Cosa si intende per "refertazione per terzi"?
Si intende la produzione di documentazione utilizzabile con valore equivalente alla refertazione, contenente una valutazione diagnostica strumentale non complementare alla visita clinica.
In questi casi, se le procedure di diagnostica strumentale sono invasive, lo studio è soggetto ad autorizzazione, mentre se sono non invasive è soggetto a SCIA.

Ci sono specifiche particolarità per gli studi associati o le Società tra Professionisti?
Tutto quanto detto fin'ora vale esattamente anche per gli studi associati e le STP, con l'ovvia precisazione che i professionisti associati devono essere tutti abilitati a svolgere l'attività sanitaria.
Gli studi associati e le STP sono tenuti a comunicare al Comune dove hanno presentato la SCIA ogni variazione della composizione dell'associazione o della Società.

Lo studio associato e la STP, quindi, non vanno intesi come una "strutture sanitarie".
Generalmente lo studio associato e la STP, a questi fini, sono considerati "studio professionale" in cui prevale l'apporto professionale ed intellettuale dei professionisti associati rispetto ai beni, materiali e servizi e di conseguenza valgono le stesse regole degli studi professionali e non quelle delle strutture sanitarie.
Fa eccezione il caso di Studio Associato o STP che intenda richiedere l'accreditamento istituzionale (cioé la possibilità di erogare prestazioni sanitarie per conto del SSN). In tal caso non è più sufficiente la SCIA e diventa obbligatoria la richiesta di autorizzazione sanitaria, come per le strutture sanitarie.
Inoltre non va dimenticato che se nel concreto l'organizzazione dello studio associato o STP è di fatto complessa, a livello di "impresa", può essere considerata dall'Autorità Sanitaria una "struttura sanitaria" che quindi ricade nell'obbligo autorizzativo. Tutto dipende se in tale organizzazione è prevalente l'apporto intellettuale dei professionisti associati oppure è prevalente l'organizzazione e la coordinazione di persone, beni e servizi, come detto all'inizio di questa pagina.

Lo studio associato e la STP possono avere una denominazione di fantasia?
Sì. A decorrere dal 1° gennaio 2012 la Legge n. 1815/1939 è stata abrogata, per cui è stato abolito il divieto all'utilizzo di denominazioni di fantasia per gli studi professionali associati. In ogni caso, il cliente deve sempre sapere il nome del professionista che esegue la prestazione e, a questo scopo, è richiesto di indicare nella fattura il nominativo del professionista che ha eseguito la prestazione, il quale ovviamente resta il responsabile sotto tutti i profili nei confronti del paziente.
Per le STP la denominazione o ragione sociale è sempre ammessa, secondo le norme sulle Società di persone o di capitali previste dal Codice Civile.

La SCIA deve essere presentata "una tantum" o va periodicamente rinnovata?
La SCIA va presentata all'inizio dell'attività e non è previsto nessun rinnovo periodico se le caratteristiche dello studio non mutano nel tempo.
Pertanto sarà necessario presentare una nuova SCIA nel caso in cui lo studio ampli, riduca o trasformi la propria attività; ampli, riduca o trasformi i propri locali e, infine, nel caso in cui lo studio si trasferisca in altra sede. Inoltre deve essere data comunicazione al Comune nel caso di temporanea sospensione dell'attività dello studio per periodi superiori a 6 mesi e nel caso di definitiva cessazione dell'attività.
Viceversa gli studi soggetti ad autorizzazione, anche se non sopravviene nessun cambiamento, devono comunque inviare al Comune, ogni tre anni, una dichiarazione che attesta il mantenimento dei requisiti.

E cosa succede nel caso di "subentro" in uno studio professionale?
Nello studio professionale, siccome è assente una organizzazione di mezzi e di persone autonoma rispetto al professionista, non esiste il "subentro" nella titolarità. Nel caso, quindi, in cui un professionista cessi la propria attività e lasci i locali ad un collega, il professionista che cessa deve comunicare al Comune la cessazione dell'attività e il professionista che lo sostituisce deve presentare la SCIA come nuovo studio.

Quali sono le sanzioni previste dalla normativa regionale?
Se lo studio è attivo senza che sia stata presentata la SCIA, il Comune ne dispone la chiusura e applica una sanzione amministrativa da un minimo di 1.550 euro ad un massimo di 9.300 euro. La nuova dichiarazione di inizio di attività potrà essere presentata solo dopo che siano trascorsi 6 mesi dal provvedimento di chiusura.
Le stesse sanzioni si applicano se nello studio venga accertato l'esercizio abusivo della professione sanitaria. Nel caso in cui sia stata presentata la SCIA, ma non siano stati rispettati alcuni requisiti, il Comune ordina la rimozione delle inadempienze dando un termine per provvedere dai 30 ai 180 giorni. Se il trasgressore non ottempera, l'attività dello studio viene sospesa per un periodo da 1 a 6 mesi. In ogni caso viene applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 1.050 euro ad un massimo di 3.100 euro.
L'accertamento delle violazioni rientra nei poteri, oltrechè dell'Autorità Giudiziaria, anche del competente dipartimento della ASL.

Lo studio medico rientra fra i locali "aperti al pubblico"?
No, lo studio medico non è un locale aperto al pubblico, nel senso che non è accessibile dalla generalità indistinta degli utenti, ma solo dai pazienti del professionista, che con lui hanno un rapporto contrattuale basato sulla fiducia.
Viceversa gli ambulatori, i poli-ambulatori e le strutture sanitarie in genere si rivolgono alla generalità dei cittadini e quindi sono considerati locali aperti al pubblico.

Qual è il codice ATECO appropriato per gli studi medici?
I codici ATECO servono per classificare le attività economiche a fini fiscali e normativi.
I principali codici che interessano i medici e gli odontoiatri sono i seguenti:
- 86.21.00 - Servizi degli studi medici di medicina generale. Si tratta ovviamente dei Medici di Medicina Generale, ma anche dei giovani medici neo-abilitati che fanno sostituzioni ai medici di famiglia, guardie mediche e altre attività di medicina generale.
- 86.22.01 - Prestazioni sanitarie svolte da chirurgi. Si tratta di medici specialisti in ambito chirurgico.
- 86.22.09 - Altri studi medici specialistici e poliambulatori. Si tratta di medici specialisti in altre branche non chiurgiche.
- 86.23.00 - Attività degli studi odontoiatrici.

La targa apposta all'entrata dello studio quali requisiti deve avere?
Se viene apposta una targa all'entrata dello studio sulla pubblica via, deve essere conforme alle norme urbanistiche generali previste dal Comune. Non è, quindi, prevista una specifica autorizzazione sanitaria per la targa, ma una regolarità urbanistica.
Se la targa viene apposta all'ingresso dello studio, ma non sulla pubblica via, bensì all'interno di un edificio, allora non è necessaria la verifica di regolarità urbanistica ma, al limite, l'approvazione del condominio.

Il contenuto riportato sulla targa deve essere autorizzato dall'Ordine?
No, non è prevista alcuna autorizzazione preventiva da parte dell'Ordine per poter apporre una targa. Il medico e l'odontoiatra è comunque tenuto a rispettare i criteri di veridicità, correttezza e trasparenza dei contenuti approvati dall'Ordine con delibera n. 35 del 05/03/2007, consultabile in questo sito nella sezione "Pubblicità sanitaria".

Cos'è la ricetta medica?
La ricetta medica è un documento scritto, redatto da un medico chirurgo (ossia: laureato in medicina e chirurgia, abilitato all'esercizio della professione ed iscritto all'Albo professionale), che consente al paziente di ottenere dal farmacista la consegna dei medicinali che vi sono elencati.

É valida la ricetta scritta su un normale foglio di carta?
La ricetta scritta su un comune foglio di carta (cosiddetta "ricetta bianca") è certamente valida, purchè contenga i seguenti elementi essenziali:

  • nome e cognome del medico ed eventuale struttura sanitaria di appartenenza;
  • nome del farmaco o del principio attivo;
  • luogo e data di compilazione della ricetta;
  • firma autografa del medico.

Sulle ricette ripetibili non è necessario indicare il nome e cognome dell'assistito, a meno che il paziente stesso lo richieda o a meno che il medico lo ritenga indispensabile per un'effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del paziente o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione. L'indicazione del dosaggio non è obbligatoria, ma è fortemente raccomandata per evitare equivoci nella dispensazione del farmaco. In ogni caso, se manca l'indicazione del dosaggio, il farmacista è tenuto a consegnare la confezione con la minor quantità possibile di principio attivo. L'indicazione della posologia è anch'essa fortemente raccomandata.

La "ricetta bianca" deve essere scritta a mano?
Non necessariamente. La ricetta può essere scritta a mano, ma anche tramite computer: l'importante è che sia chiara e leggibile, in modo da evitare fraintendimenti od equivoci per il paziente o il farmacista. Anzi, a questo scopo, è senz'altro preferibile utilizzare il computer. Quello che conta è che la firma deve sempre essere autografa e in originale.

E' prevista la "ricetta bianca elettronica"?
Sì, dal 31 gennaio 2022 il Ministero della Salute e il Ministero dell'Economia hanno attivato sul portale "Sistema Tessera Sanitaria" (www.sistemats.it) la possibilità per ogni medico di rilasciare la ricetta bianca in formato elettronico, secondo specifiche tecniche stabilite a livello nazionale.
La ricetta bianca elettronica riguarda tutti i medicinali con AIC vendibili al pubblico, con le eventuali limitazioni previste per i medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa (medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti). Su ricetta bianca elettronica potranno essere indicati anche medicinali con AIC non soggetti a prescrizione medica (SOP e OTC).
Per i farmaci di classe A la prescrizione può essere effettuata:
1. Solo con gruppo di equivalenza AIFA,
2. Con gruppo di equivalenza AIFA e un AIC di farmaco appartenente al gruppo come indicazione non vincolante per il farmacista,
3. Solamente con codice AIC del farmaco.
Per i farmaci di classe C la prescrizione deve essere effettuata solamente con l’AIC del farmaco, non esistendo Gruppi di Equivalenza codificati da AIFA che raggruppino farmaci equivalenti.
Il sistema restituisce un numero di ricetta bianca elettronica (acronimo NRBE) e un PIN-NRBE che può essere comunicato al cittadino via SMS o via email o tramite stampa del promemoria e tramite esso qualunque farmacia o parafarmacia italiana può erogare i farmaci prescritti.

I farmaci prescritti con questo tipo di ricetta chi li paga?
I farmaci prescritti con la "ricetta bianca" sia cartacea che elettronica sono sempre a totale carico dell'assistito. Per ottenere farmaci a totale o parziale carico dello Stato, nei casi previsti dalla legge, è indispensabile che il medico utilizzi l'apposito modulo per la prescrizione a carico del SSN (vedi risposte seguenti).

Quali farmaci si possono prescrivere sulla "ricetta bianca"?
Tutti quei farmaci che sulla confezione recano la dicitura: "Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica".

Quanto tempo vale la "ricetta bianca"?
La "ricetta bianca" ha validità non superiore a sei mesi a partire dalla data di compilazione e, comunque, per non più di dieci volte, salvo che per alcune categorie di farmaci (come gli ormoni o gli ansiolitici), per i quali il periodo di validità della ricetta è più breve. Entro questi limiti, quindi, la ricetta è "ripetibile" nel senso che l'assistito può continuare ad esibirla al farmacista per acquistare i farmaci, fino al termine della sua validità. Infatti, ogni volta che viene presentata al farmacista per l'acquisto del medicinale, la ricetta viene timbrata ma poi riconsegnata all'assistito per il suo uso futuro. Tuttavia se il medico indica espressamente un numero di confezioni di medicinale superiore all'unità, la ricetta diventa "non ripetibile" e, quindi, è utilizzabile solo per quella volta.

Esistono ricette sicuramente "non ripetibili"?
I farmaci che per il loro uso continuato possono determinare stati tossici o, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute del paziente, possono essere prescritti soltanto con una ricetta "non ripetibile". In ogni caso questi medicinali recano sulla confezione la dicitura: "Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta".

Quanto tempo vale una ricetta "non ripetibile"?
La ricetta "non ripetibile" può essere presentata in farmacia entro trenta giorni dalla data della sua compilazione. Alla presentazione al farmacista, questi consegna il medicinale e ritira la ricetta.

Sulla ricetta "non ripetibile" va indicato il nome del paziente?
Sì, sulle ricette "non ripetibili" il medico è tenuto ad indicare il codice fiscale del paziente.

La "ricetta bianca" è prerogativa solo di alcune categorie di medici?
No, tutti gli iscritti all'Albo dei Medici Chirurghi possono compilare la "ricetta bianca", senza alcuna distinzione.

Gli altri professionisti sanitari (infermieri, farmacisti, biologi) possono fare ricette?
No, la prescrizione di medicinali è attività tipica ed esclusiva del medico.

Cos'è la ricetta del Servizio Sanitario Nazionale?
Le leggi che disciplinano il funzionamento del SSN prevedono che il costo dei farmaci classificati in fascia A dall'AIFA sia a totale o parziale carico dello Stato. In questo caso, il medico deve necessariamente utilizzare il cosiddetto "ricettario rosa". Se il medico prescrivesse un farmaco, anche di fascia A, su una "ricetta bianca", il costo sarebbe comunque a carico dell'assistito.

E' prevista la "ricetta rosa elettronica"?
Sì, dal 2011 il Ministero della Salute e il Ministero dell'Economia hanno attivato sul portale "Sistema Tessera Sanitaria" (www.sistemats.it) la possibilità per i medici del SSN di rilasciare la ricetta rosa in formato elettronico, secondo specifiche tecniche stabilite a livello nazionale.
Il sistema restituisce un numero di ricetta elettronica (acronimo NRE) che può essere comunicato al cittadino via SMS o via email o tramite stampa del promemoria e tramite esso qualunque farmacia italiana può erogare i farmaci prescritti.
Attualmente la ricetta rosa cartacea può essere utilizzata in caso di malfunzionamento del sistema informatico, in caso di visite domiciliari e in presenza di altri casi specifici, perchè la regola è la prescrizione in modalità elettronica.

Chi può usare il "ricettario rosa" per prescrivere farmaci a carico del SSN?
I medici di medicina generale convenzionati con il SSN, i medici addetti alla continuità assistenziale pubblica, i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, gli specialisti ambulatoriali interni, i medici dipendenti del SSN. Non possono, quindi, prescrivere sul "ricettario rosa" i medici che non siano dipendenti o convenzionati con il SSN. I blocchetti contenenti i moduli per la prescrizione di farmaci a carico del SSN vengono consegnati dall'Azienda Sanitaria al medico dipendente o convenzionato con il SSN ed egli ne diventa responsabile del suo uso.
Secondo lo stesso criterio, i medici dipendenti e convenzionati con il SSN ricevono dalla ASL di appartenenza la "Carta Operatore" che consente loro di identificarsi sul portale SistemaTS e generare le ricette rosa elettroniche.

I medici dipendenti e convenzionati con il SSN possono rilasciare le "ricette rosa" in qualunque contesto?
I medici dipendenti e convenzionati con il SSN utilizzano le "ricette rosa" per la prescrizione di farmaci solo e soltanto nell'ambito dell'esercizio della loro attività istituzionale di medici pubblici. Ciò significa che se il medico svolge anche attività privata, in quel contesto egli non è più un "medico pubblico" bensì un medico privato e quindi non può prescrivere farmaci utilizzando il "ricettario rosa" ma deve utilizzare esclusivamente la cosiddetta "ricetta bianca".
A titolo di esempio, il medico di famiglia che svolge anche attività libero professionale, come libero professionista non può usare il "ricettario rosa", così come il medico ospedaliero che svolge anche attività libero professionale in intra o extra moenia, in quell'ambito non può usare il "ricettario rosa". Farlo significa porre a carico dello Stato il costo di farmaci prescritti in regime non istituzionale e ciò può comportare l'accusa di truffa ai danni del SSN.

Gli specializzandi e i sostituti dei medici di famiglia possono fare ricette a carico del SSN?
I medici specializzandi possono prescrivere farmaci utilizzando il "ricettario rosa" in carico al loro tutor, purchè venga apposto il doppio timbro, del tutor e dello specializzando, e la firma di quest'ultimo. Allo stesso modo i sostituti dei medici di famiglia possono utilizzare il "ricettario rosa" in carico al medico titolare, apponendo il doppio timbro, del titolare e del sostituto, e la firma di quest'ultimo. Da quanto sopra consegue che i medici in formazione specialistica e i sostituti non possono ottenere un proprio blocchetto contenente i "ricettari rosa", ma devono necessariamente far uso di quello in dotazione al loro tutor/titolare.

Riepilogando, quali tipi di ricette abbiamo analizzato fin'ora?
La "ricetta bianca" ripetibile, quella non ripetibile e la ricetta a carico del SSN. Quest'ultima, in definitiva, è una ricetta non ripetibile che richiede l'utilizzo di un modulo specifico. E, a differenza della "ricetta bianca", è compilabile solo dai medici dipendenti o convenzionati con il SSN.

La ricetta redatta sul "ricettario rosa" deve avere gli stessi elementi essenziali della "ricetta bianca"?
In linea di principio sì, con l'aggiunta che sulla ricetta a carico del SSN deve essere indicato il nome e il cognome dell'assistito, il suo codice fiscale, il codice dell'Azienda Sanitaria di riferimento, gli eventuali codici e motivi di esenzione e l'eventuale nota AIFA pertinente. Il cittadino può anche chiedere che sul proprio nome e cognome sia apposta una etichetta adesiva per tutelare la sua riservatezza.
Per le ricette in modalità elettronica i dati da indicare sono tassativamente previsti dalla procedura informatica.

Come mai la ricetta a carico del SSN prevede questi elementi in più?
Perché questa ricetta non serve solo per ritirare i medicinali in farmacia, ma serve anche al farmacista per farsi rimborsare dallo Stato il costo dei medicinali forniti agli assistiti. Questa ricetta, quindi, ha anche una finalità amministrativa e contabile perchè con essa il medico pone a carico della finanza pubblica la spesa dei medicinali. Per questo motivo, la sua redazione richiede la massima attenzione ed il massimo scrupolo. Ad esempio, eventuali prescrizioni di farmaci a carico del SSN che siano ritenute inappropriate, possono essere contestate al medico da parte della Corte dei Conti.

Quindi in caso di falsità nella ricetta le pene saranno severe
Esatto, infatti la ricetta a carico del SSN, essendo prodotta da un medico dipendente o convenzionato con il SSN, ha la natura giuridica di atto pubblico ed il medico prescrittore assume la qualifica di pubblico ufficiale (medico dipendente) o incaricato di pubblico servizio (medico convenzionato), con pene molto severe in caso di falsità. La "ricetta bianca", invece, è una scrittura privata e quindi la sua eventuale falsità soggiace a pene meno severe, anche se comunque non certo irrilevanti. Ma non è necessario arrivare alle sanzioni penali: anche la semplice inappropriatezza della prescrizione (che non è quindi una ipotesi di falsità) espone il medico al rischio di essere accusato di danno erariale.

Ma come può una ricetta essere ritenuta falsa?
La prescrizione di un medicinale presuppone che il medico abbia visitato il paziente e abbia riscontrato l'esistenza di una patologia per la cui cura è necessario il farmaco prescritto nella ricetta. Per cui la prescrizione di un medicinale effettuata senza constatare personalmente l'esistenza di una patologia espone il medico al rischio di incorrere nel reato di falso ideologico. Ovviamente questo principio vale in senso generale, nel senso che se il medico conosce il paziente ed è a conoscenza del tipo di patologia da cui è affetto (ad esempio, una malattia cronica), può anche rilasciare la ricetta senza dover necessariamente visitare ogni volta il paziente. L'importante, però, è che il medico non rilasci mai ricette "al buio", senza essere sicuro della patologia esistente o basandosi soltanto su quanto gli viene riferito, senza aver provveduto a riscontrare oggettivamente la sussistenza della patologia.

Il farmacista può sostituire il farmaco prescritto dal medico con un altro farmaco?
No, se il medico ha indicato sulla ricetta l'avvertimento espresso "farmaco non sostituibile". Se questa indicazione non c'è, il farmacista per legge deve informare l'assistito dell'eventuale esistenza di un farmaco equivalente (cosiddetto "generico") avente il medesimo principio attivo e l'assistito può acconsentire di ricevere il medicinale equivalente al posto di quello di marca. Se però l'assistito si rifiuta di ottenere il medicinale equivalente e pretende comunque il farmaco di marca, oppure se il medico ha indicato che la sua prescrizione non è sostituibile, l'assistito è tenuto a pagare la differenza fra il costo del farmaco equivalente (coperto dallo Stato) e il costo del farmaco di marca.

Il farmacista può consegnare in caso di urgenza dei medicinali che sarebbero concedibili solo dietro presentazione di ricetta medica, senza tuttavia che l'assistito abbia la ricetta?
Sì, la legge prevede che in caso di estrema necessità e urgenza il farmacista possa consegnare all'assistito, anche in assenza di prescrizione medica, i farmaci che di norma avrebbero bisogno della ricetta medica.

Quali sono queste situazioni di estrema necessità ed urgenza?
Per esempio quando l'assistito, dimesso il giorno precedente dall'ospedale, richiede al farmacista un cortisonico iniettabile mostrando la documentazione ospedaliera che raccomanda il trattamento con quel tipo di farmaco. Oppure quando il paziente chiede al farmacista un farmaco per il quale è già presente in farmacia una ricetta non anteriore a sei mesi, con la stessa prescrizione. Il farmacista deve, comunque documentare in apposito registro questi casi eccezionali.

Esistono altre tipologie di ricette mediche, oltre a quelle fin qui esaminate?
Sì, esiste la ricetta "limitativa" e la ricetta per i farmaci stupefacenti.

Cos'è la ricetta "limitativa"?
E' la ricetta che contiene la prescrizione di medicinali la cui utilizzazione è limitata all'ambiente ospedaliero e che riportano sulla confezione la dicitura: "Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico". E' pure una ricetta "limitativa" quella che prescrive farmaci vendibili al pubblico, ma solo dietro piano terapeutico di centri ospedalieri o di particolari categorie di medici specialisti. Infine è anche una ricetta "limitativa" quella che riguarda medicinali utilizzabili esclusivamente dal medico specialista durante la visita ambulatoriale.

Cos'è la ricetta per i farmaci stupefacenti?
É la ricetta "a ricalco" (RMR) che contiene la prescrizione di medicinali per i quali la legge sulla disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope prevede specifiche modalità di distribuzione e di prescrizione. Si tratta di farmaci a base delle seguenti sostanze: buprenorfina, codeina, diidrocodeina, fentanyl, idrocodone, idromorfone, metadone, morfina, ossicodone e ossimorfone che vengono impiegati per il controllo del dolore in pazienti affetti da patologie gravi.

I farmaci stupefacenti, quindi, vanno prescritti in un modo specifico?
I medicinali inclusi nella sezione A della tabella dei medicinali stupefacenti, se sono prescritti per trattamenti diversi dalla terapia del dolore, vanno prescritti esclusivamente con il ricettario “a ricalco” (RMR).
Per i medicinali dell’allegato III-bis rimasti nella sezione A della tabella dei medicinali (forme farmaceutiche parenterali) prescritti per la terapia del dolore e per la prescrizione di medicinali ricollocati nella sezione D della tabella dei medicinali, in forma non iniettabile, si può utilizzare anche il ricettario rosa del SSN, in alternativa al RMR, ma non può mai essere utilizzata la ricetta bianca.
La ricetta è non ripetibile e viene ritirata dal farmacista. La prescrizione può essere effettuata anche in modalità dematerializzata.

I farmaci stupefacenti possono essere prescritti solo da alcune categorie di medici?
No, tutti i medici sono abilitati a prescrivere i farmaci stupefacenti, ma esclusivamente tramite l'apposito ricettario distribuito dalle ASL che ogni medico, quindi, è tenuto ad avere. Anzi, il medico che si rifiuta di prescrivere i farmaci stupefacenti, nonostante che vi siano le condizioni per farlo, accampando la scusa di essere sprovvisto del ricettario specifico, compie un atto contrario ai suoi doveri deontologici di assistenza e cura delle persone e, quindi, è sanzionabile da parte dell'Ordine.

I farmaci stupefacenti sono a carico dello Stato o del cittadino?
Se vengono prescritti da un medico pubblico (dipendente o convenzionato con il SSN) seguono le regole dei farmaci prescritti con la ricetta "rosa" e quindi sono a carico totale o parziale dello Stato; se invece vengono prescritti da un medico libero professionista, seguono le regole dei farmaci prescritti con la ricetta "bianca" e quindi sono a carico del cittadino.

Il medico può fare una ricetta a sé medesimo?
Dal punto di vista legale, nessuna norma vieta al medico di farsi una "auto-ricettazione" di farmaci o di analisi, fermo restando che deve trattarsi di una ricetta bianca, con oneri a suo carico.
Tuttavia dal punto di vista etico e deontologico è sempre meglio evitare di farlo ed è senz'altro preferibile rivolgersi ad un collega in quanto la prudente valutazione oggettiva di un medico terzo è certamente più scientifica dell'opinione personale del medico malato, che a causa della patologia potrebbe avere una valutazione distorta del suo stato di salute. Del resto ogni medico, così come ogni cittadino, ha un suo medico di famiglia, quindi è sempre meglio rivolgersi al collega medico di fiducia.
Ricordiamo cosa diceva Sir William Oster (Fondatore del Johns Hopkins School of Medicine): "Il medico che si cura da sé ha un pazzo per paziente"...

Ci sono regole specifiche per gli odontoiatri?
Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all'esercizio della loro professione. Questo significa che possono prescrivere alcune classi di farmaci più comunemente necessari alla professione odontoiatrica, quali gli analgesici-antinfiammatori, gli anestetici locali, gli antibiotici attivi sulla flora patogena del cavo orale. A contrario, all'odontoiatra non compete la prescrizione di farmaci per la terapia di malattie non odontoiatriche. Tutto questo vale per i casi normali, nel senso che in caso di emergenze che potrebbero verificarsi nell'attività odontoiatrica e che possono comportare danno grave o imminente pericolo di vita per il paziente, è senz'altro consentito all'odontoiatra l'uso e la prescrizione di farmaci di emergenza. La prescrizione di farmaci da parte degli odontoiatri liberi professionisti deve necessariamente avvenire su "ricetta bianca" (con costo a carico dell'assistito), mentre gli odontoiatri dipendenti del SSN o specialisti ambulatoriali interni possono prescrivere i farmaci in fascia A sul ricettario del SSN.

Considerazioni conclusive
I farmaci non sono mai assolutamente innocui e quindi la loro prescrizione deve essere attentamente ponderata dal medico, in relazione alle effettive necessità del paziente. Per questo è necessaria la massima attenzione e la massima diligenza nella prescrizione di farmaci, così come è dovere deontologico del medico informare adeguatamente il paziente sulle modalità di uso e somministrazione del farmaco, onde evitare rischi per la sua salute. A maggior ragione quando si prescrivono farmaci a carico del SSN, perché in questo caso il medico di fatto pone a carico della finanza pubblica il costo dei medicinali e, in caso di errori o prescrizioni inappropriate, ne risponde anche davanti alla Corte dei Conti.

Prima di tutto: quando si pone il problema del pagamento o meno dei certificati medici?
La questione si pone solo per i medici convenzionati con il SSN (medici di famiglia e pediatri di libera scelta).
Infatti i medici dipendenti pubblici (ospedalieri) non hanno questo problema in quanto tutte le loro certificazioni sono sempre gratuite per il paziente, in quanto ricomprese nell'attività istituzionale del medico pubblico.
Sul versante opposto ci sono i medici liberi professionisti i quali, a contrario, hanno sempre diritto ad un compenso per la loro attività che, essendo di natura privata e libero professionale, non è mai ricompensata dallo Stato, ma sempre e solo dal privato cittadino.
Quindi valutare se e quando chiedere un compenso per un particolare tipo di certificato è una cosa che riguarda solo i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.


Seconda cosa da chiarire: il certificato ha un costo di per sé o rientra nella prestazione medica in generale?
Il rilascio di un certificato è un atto medico che solitamente rappresenta l'atto finale di una prestazione sanitaria iniziata con l'acquisizione del consenso, la raccolta dell'anamnesi, e proseguita con la visita medica. Tutto il complesso di questi atti costituisce la prestazione del medico.
Da ciò si comprende che il certificato medico non ha una sua autonoma consistenza, in quanto è logicamente inserito in una prestazione sanitaria. Di conseguenza non ha un costo di per sé, ma è la prestazione medica nel suo complesso (conclusasi con il rilascio del certificato) che può avere rilevanza ai fini del compenso per il medico.

Prendiamo in esame la situazione dei medici di medicina generale e dei pediatri. Quali sono i certificati gratuiti per l'assistito?
Alcuni certificati medici rilasciati dai medici di medicina generale e dai pediatri sono gratuiti per l'assistito perché rientrano nei compiti del medico previsti dalle Convenzioni Nazionali e/o dagli Accordi regionali. Si tratta di prestazioni che vengono pagate al medico dallo Stato e per questo motivo sono gratuite per il paziente.
I classici esempi di certificati gratuiti sono:

  • incapacità temporanea al lavoro;
  • riammissione a scuola;
  • attività sportiva non agonistica parascolastica;
  • assistenza domiciliare integrata;
  • denunce obbligatorie (nascita, morte, malattie infettive e diffusive, AIDS, ecc.).

Al di fuori di questi casi, quindi, il medico può pretendere un compenso?
Sì, perché al di fuori di questi casi, si tratta di prestazioni non retribuite dallo Stato e quindi a carico dell'assistito.
In pratica per le prestazioni non previste dalle Convenzioni Nazionali o dagli Accordi regionali, il medico di medicina generale e il pediatra agisce come un medico libero professionista puro.

Quant'è il compenso che in questi casi il medico può chiedere in libera professione?
Dopo l'abolizione del tariffario a norma del "Decreto Bersani" del 2006, non esiste più una tariffa vincolante, per cui ogni medico è libero di fissare le tariffe che crede. In ogni caso è necessario che il medico informi preventivamente il paziente sul costo della sua prestazione, in modo da evitare ogni spiacevole discussione. Una valida soluzione può essere l'affissione in sala d'attesa dell'elenco delle prestazioni a pagamento con il relativo costo, oppure la preventiva informazione che il medico o il personale di studio fornisce al paziente prima della prestazione.

Il medico può decidere di rilasciare gratuitamente certificati che sarebbero a pagamento?
Il medico, valutando il caso del singolo paziente, può ritenere opportuno evitare di chiedere il pagamento del certificato. Questo spesso succede per motivi di solidarietà sociale, per cui la scelta del medico di non farsi pagare è certamente apprezzabile. Se però questo comportamento viene tenuto solo per accaparrarsi clienti, rappresenta una forma di concorrenza sleale che deve essere ovviamente evitata.

Quando il medico riceve il compenso, deve sempre emettere fattura?
Certamente sì. E la deve emettere nello stesso momento in cui viene pagato, né prima né dopo. Il paziente deve uscire dallo studio con la fattura in tasca.

Sulle fatture per certificati a pagamento ci vuole o no l'IVA?
Fino al 2005 tutte le prestazioni mediche erano considerate esenti IVA e quindi la fattura del medico prevedeva solo e soltanto l'importo del compenso. Ma dal 2005, a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia Europea, bisogna distinguere: se la prevalente finalità della prestazione medica è la tutela della salute dell’interessato o della collettività, il compenso è esente da IVA. Invece se la prevalente finalità della prestazione è di natura accertativa o peritale o medico-legale, allora il compenso è soggetto a IVA.

Quali sono i tipici casi di certificati o prestazioni a pagamento esenti da IVA?
Sono, ad esempio, i certificati per:

  • buona salute, sana e robusta costituzione, attività ludico-motoria;
  • patenti di guida;
  • porto d'armi;
  • medicina del lavoro;
  • esonero dalle lezioni di educazione fisica;
  • infortunio a fini INAIL;
  • invio di minori in colonie o comunità;
  • ammissione di anziani in case di riposo;
  • invio in soggiorni marittimi o montani per motivi di salute;
  • avvenuta vaccinazione;
  • dieta personalizzata alla mensa;
  • idoneità a viaggi.

In questi casi, il medico deve riportare qualche dizione particolare in fattura per giustificare la non applicazione dell'IVA?
Va riportata la dizione: "Prestazione sanitaria esente IVA ai sensi dell'art. 10 n. 18 del DPR 633/1972". Si tratta di una dizione che spesso è già pre-stampata sui ricevutari per prestazioni sanitarie acquistabili in cartoleria.

Quali sono, invece, i casi di certificati o prestazioni a pagamento sui quali aggiungere l'IVA?
Sono, ad esempio, i certificati per:

  • invalidità civile;
  • infortunio a fini privati;
  • riconoscimento causa di servizio;
  • fini assicurativi;
  • idoneità allo svolgimento di generica attività lavorativa;
  • impossibilità a presentarsi in tribunale;
  • inabilità a riscuotere la pensione.

A quanto ammonta l'IVA in questi casi?
Al 22% del compenso.

Talvolta non è facile distinguere se nella prestazione medica è prevalente la finalità di cura o la finalità peritale...
E' vero, tant'è che la stessa Agenzia delle Entrate ha previsto una possibile soluzione: nei casi in cui la prestazione del medico sia contemporaneamente finalizzata alla cura della persona, ma abbia anche risvolti assicurativi o peritali, è possibile evitare l'applicazione dell'IVA se il medico riporta in fattura la dizione: "Riscontrata prevalente finalità di tutela della salute". Se viceversa la finalità prevalente della prestazione è di tipo assicurativo o peritale, non c'è bisogno di scrivere nulla in fattura, però allora deve essere applicata l'IVA.

Quali dati sono obbligatori sulla fattura?

  • il nominativo del medico e il suo numero di Partita IVA;
  • le generalità del paziente e il suo codice fiscale;
  • la data e il numero progressivo della fattura (che può essere un numero incrementale anno dopo anno, oppure ricominciare ogni anno dal n. 1 seguito dall'anno di competenza. Ad esempio "n. 1/2013", "n. 2/2013" e così via);
  • la descrizione della prestazione (ad esempio: "visita e certificazione medica");
  • l'importo del compenso;
  • l'eventuale dizione di cui sopra per le prestazioni esenti da IVA;
  • in caso contrario: l'aggiunta del 22% di IVA al compenso stesso.

Serve la marca da bollo sulla fattura?
Se il compenso è assoggettato ad IVA la marca da bollo non si applica.
Se, invece, il compenso è esente da IVA, si applica la marca da bollo di € 2,00 ma solo se il compenso è superiore a € 77,47.

Che cos'è la ritenuta di acconto?
Quando il medico fa una prestazione o un certificato a pagamento ad un paziente, nella fattura non applica mai la ritenuta d'acconto.
La ritenuta d'acconto si applica solo se la prestazione è a favore di imprese, enti, ditte o altri professionisti. In sostanza, non in favore di singoli cittadini, ma di soggetti titolari di Partita IVA.
Ciò premesso, la ritenuta d'acconto è una percentuale (solitamente del 20%) che si detrae dal compenso del medico e che il beneficiario della prestazione deve versare allo Stato. Con la ritenuta d'acconto, quindi, il medico "rinuncia" ad una parte del suo compenso, che va allo Stato in acconto alle tasse che il medico dovrà pagare in sede di dichiarazione dei redditi.

Il medico deve fare la fattura elettronica o cartacea?
Si rinvia all'apposita pagina informativa: https://www.ordine-medici-firenze.it/professione/strumenti-operativi/fatturazione-elettronica

Come deve riscuotere il medico il denaro che riceve?
Solitamente per la riscossione dei certificati a pagamento, lo strumento più utilizzato è il denaro contante (ma si veda la risposta successiva).
Dal 1° gennaio 2023 l'uso del contante è consentito fino al limite di 5.000 euro.

E' obbligatorio avere il POS per la riscossione tramite bancomat o carte di credito?
Dal 1° luglio 2020 i professionisti sono tenuti ad accettare i pagamenti tramite moneta elettronica, a richiesta del cliente.
Inoltre va ricordato che il cittadino-paziente può portare in detrazione dalle sue tasse solo le spese sanitarie che abbia pagato con strumenti tracciabili, per cui è evidente che sempre più cittadini pretenderanno di pagare la fattura del medico tramite bancomat o carta di credito.
Per approfondire, si rinvia all'apposita pagina informativa https://www.ordine-medici-firenze.it/professione/strumenti-operativi/fatturazione-elettronica (seconda parte).

I compensi riscossi dall'attività medica devono confluire in un conto corrente dedicato?
Non è obbligatorio, ma raccomandato.
Infatti, se il medico ha un solo conto corrente che usa sia per l'attività professionale che per la sua vita privata, le operazioni di entrata e di uscita di quel conto sono considerate dall'Agenzia delle Entrate tutte afferenti all'attività medica. Se invece il medico ha due conti separati, uno per l'attività professionale e uno per la sua vita privata, può meglio dimostrare la reale entità economica della sua attività di professionista.

Il medico può fare prestazioni "occasionali" senza possedere la Partita IVA?
L'art. 35 del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR) dispone che coloro che intraprendono una professione devono farne dichiarazione all'Agenzia delle Entrate che attribuisce il numero di Partita IVA.
L'art. 67 dello stesso TUIR regolamenta i "Redditi Diversi" fra i quali compaiono anche i redditi occasionali, considerandoli prodotti da coloro che non svolgono abitualmente attività di impresa o di professione.
Di conseguenza, un professionista iscritto ad un Albo (com'è il medico) non può invocare la disciplina del "lavoro occasionale", in quanto per i professionisti vale la regola dell'art. 35.
L'Agenzia delle Entrate, in più occasioni, ha sostienuto che un professionista iscritto ad un Albo non può mai dire di esercitare "occasionalmente" la professione, altrimenti non sarebbe iscritto all'Albo. L'iscrizione all'Albo, quindi, per l'Agenzia delle Entrate è indice di "abitualità" nell'esercizio della professione, tutto il contrario della "occasionalità".
Per questo è fortemente raccomandato di evitare le prestazioni occasionali e, in casi estremi, limitarle solo a sporadiche e non programmate situazioni ai medici di famiglia. Altrimenti per il medico sarà arduo relazionarsi con l'Agenzia delle Entrate in sede di eventuali verifiche e controlli.
Molto meglio aprire la Partita IVA usufruendo dei regimi agevolati previsti dalla legge.

Se il medico è in procinto di essere assunto come dipendente, può evitare nel frattempo di aprire la Partita IVA?
Vale sempre lo stesso discorso fatto sopra: è sempre meglio evitare prestazioni occasionali per i medici, salvo i casi "limite" sopra richiamati.
Si ricordi inoltre che anche durante la specializzazione può servire la Partita IVA (per eventuali attività di sostituzione ai medici di famiglia). Solo se si diventa dipendenti strutturati senza libera professione extramoenia la Partita IVA non è più necessaria.

Qual è il codice ATECO appropriato per gli studi medici?
I codici ATECO servono per classificare le attività economiche a fini fiscali e normativi.
I principali codici che interessano i medici e gli odontoiatri sono i seguenti:
- 86.21.00 - Servizi degli studi medici di medicina generale. Si tratta ovviamente dei Medici di Medicina Generale, ma anche dei giovani medici neo-abilitati che fanno sostituzioni ai medici di famiglia, guardie mediche e altre attività di medicina generale.
- 86.22.01 - Prestazioni sanitarie svolte da chirurgi. Si tratta di medici specialisti in ambito chirurgico.
- 86.22.09 - Altri studi medici specialistici e poliambulatori. Si tratta di medici specialisti in altre branche non chiurgiche.
- 86.23.00 - Attività degli studi odontoiatrici.

Considerazioni conclusive
Per curare correttamente gli aspetti fiscali dell'esercizio della professione è oramai indispensabile che il medico si avvalga di un consulente fiscale di propria fiducia, perchè la materia è altamente complessa e tecnica e, quindi, difficilmente gestibile da chi non è un fiscalista di professione. Comunque è importante che il medico abbia buona padronanza delle poche e semplici regole elencate in questo articolo per evitare la maggior parte di errori in cui può incappare.

VERSIONE ITALIANA (for English version, see as follows)

I medici che non sono cittadini italiani oppure i titoli di laurea conseguiti al di fuori dell’Italia fanno insorgere alcune particolarità ai fini dell’iscrizione all’Ordine professionale e, quindi, ai fini dell’esercizio della professione in Italia.
Le particolarità riguardano due versanti: da un lato la questione della cittadinanza e le relative norme sull’immigrazione e, dall’altro, la validità dei titoli di studio conseguiti all’estero.
Per illustrare tutte le varie fattispecie, è innanzitutto opportuno fare alcune precisazioni.
L’Unione Europea (UE) comprende i seguenti Paesi: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. Pertanto i soggetti che hanno la cittadinanza di uno di questi Paesi sono definiti “comunitari” e la laurea conseguita in uno di questi Paesi è definita “titolo comunitario”.
Fanno invece parte dello “Spazio Economico Europeo” (SEE) i seguenti Paesi: Islanda, Liechtenstein, Regno Unito e Norvegia che, pur non appartenendo alla UE, ai fini della presente disamina, sono equiparati ai Paesi UE. Pertanto i soggetti che hanno la cittadinanza di uno di questi Paesi, pur non essendo “comunitari”, godono dello stesso trattamento normativo dei cittadini comunitari.
Infine la Svizzera, pur non appartenendo né alla UE né al SEE, ai fini della presente disamina è equiparata ai Paesi UE, per cui gli svizzeri, pur non essendo “comunitari”, godono dello stesso trattamento normativo dei cittadini comunitari.
In conclusione, per semplicità di trattazione, quando di seguito si utilizza la sigla “UE” devono intendersi tutti i Paesi dell’Unione Europea, i Paesi appartenenti al SEE e la Svizzera.
I cittadini di tutti gli altri Stati del mondo sono definiti, a questo fine, “non UE” e non beneficiano del trattamento previsto dalle normative europee per i cittadini comunitari.
Per prima cosa è opportuno classificare le varie ipotesi che si possono presentare:

  1. Medici con cittadinanza ITALIANA che si sono laureati all’estero, in un Paese UE;
  2. Medici con cittadinanza ITALIANA che si sono laureati all’estero, in un Paese NON UE;
  3. Medici con cittadinanza UE, che si sono laureati in Italia;
  4. Medici con cittadinanza UE, che si sono laureati in un Paese UE;
  5. Medici con cittadinanza UE, che si sono laureati in un Paese NON UE;
  6. Medici con cittadinanza NON UE, che si sono laureati in Italia;
  7. Medici con cittadinanza NON UE, che si sono laureati in un Paese UE;
  8. Medici con cittadinanza NON UE, che si sono laureati in un Paese NON UE.

 

Ipotesi n. 1 – Medici cittadini ITALIANI laureati nella UE
Il medico italiano laureato nella UE, prima di potersi iscrivere all’Ordine ed esercitare la professione in Italia, deve ottenere il riconoscimento della laurea comunitaria.
In Italia l’autorità competente a pronunciare il riconoscimento delle lauree in medicina e in odontoiatria è il Ministero della Salute, al quale va presentata apposita domanda utilizzando la modulistica disponibile sul sito internet del Ministero: www.salute.gov.it/ProfessioniSanitariePubblico/.
Il Ministero della Salute esamina la domanda e, trattandosi di laurea conseguita nella UE, solitamente conclude tale esame piuttosto rapidamente con l’emanazione di un formale decreto di riconoscimento con valore abilitante del titolo che, a questo punto, è omologato e quindi utile per poter iscriversi all’Ordine (non è necessario sostenere l’esame di abilitazione).
Il medico ha due anni tempo, quindi, per presentare domanda di iscrizione all’Ordine dei Medici competente per territorio (ossia quello della provincia dove il medico risiede) e, una volta iscritto, è legittimato ad esercitare la professione in Italia.

Ipotesi n. 2 – Medici cittadini ITALIANI laureati fuori della UE
Anche in questo caso il medico deve innanzitutto ottenere il riconoscimento del titolo da parte del Ministero della Salute, al quale è necessario presentare apposita domanda.
Trattandosi però di laurea conseguita al di fuori della UE, il Ministero della Salute indice una Conferenza dei Servizi a cui partecipa anche il Ministero dell’Università. Tale Conferenza esamina il piano di studi del candidato e, alla fine, può pervenire a tre differenti conclusioni:

  • Accoglimento dell’istanza con immediato decreto di riconoscimento;
  • Prescrizione al candidato di una verifica della sua formazione attraverso una prova attitudinale oppure indicando gli esami universitari da sostenere presso un Ateneo italiano;
  • Rigetto dell’istanza.

Nel primo caso (accoglimento dell’istanza) il medico ha due anni di tempo per chiedere l’iscrizione all’Ordine, come detto al punto precedente.
Nel secondo caso (esami o verifica integrativi) il medico deve rivolgersi ad una Università e completare la formazione, come richiesto dalla Conferenza dei Servizi. Solo dopo aver completato questo passaggio, potrà ottenere il diploma di laurea valevole in Italia, cui dovrà seguire l’esame di abilitazione e, infine, l’iscrizione all’Ordine.
Nel terzo caso, il medico non può ottenere l’iscrizione all’Ordine e quindi non è legittimato ad esercitare in Italia.

Ipotesi n. 3 – Medici cittadini UE laureati in Italia
Il medico cittadino UE gode del cosiddetto “diritto di stabilimento”, cioè può liberamente stabilirsi (cioè risiedere stabilmente) in un Paese dell’Unione Europea per esercitare la professione.
Non è quindi necessario che abbia il permesso di soggiorno previsto dalla legge sull’immigrazione, ma comunque deve fissare la sua residenza in Italia, proprio per dimostrare il suo effettivo “stabilimento”.
Dal punto di vista del titolo, la laurea in Italia ovviamente non ha bisogno di alcun riconoscimento, per cui il medico UE laureato in Italia, dopo aver superato anche l’esame di abilitazione, può immediatamente chiedere l’iscrizione all’Ordine professionale competente per territorio (quello della provincia dove risiede).

Ipotesi n. 4 – Medici cittadini UE laureati nella UE
Fermo restando quanto detto sopra relativamente al diritto di stabilimento, il fatto che la laurea sia stata conseguita non in Italia ma in un Paese UE impone al medico di chiederne il riconoscimento al Ministero della Salute, come descritto al punto n. 1.
Siccome in questo caso si sta parlando di un medico non italiano e laureato all’estero, prima di poter ottenere l’iscrizione all’Ordine (e quindi di poter esercitare la professione in Italia) è necessario che dimostri di conoscere la lingua italiana e le normative che regolano l’esercizio della professione in Italia. Tale verifica è svolta dall’Ordine professionale a cui il medico rivolge domanda di iscrizione. Se tale verifica si conclude positivamente, l’Ordine procede alla sua iscrizione all’Albo. In caso contrario indica un termine entro il quale il medico deve sostenere una nuova verifica, dando tempo al richiedente di acquisire una buona padronanza della lingua e una buona conoscenza delle normative italiane.

Ipotesi n. 5 – Medici cittadini UE laureati fuori della UE
Fermo restando quanto detto sopra relativamente al diritto di stabilimento, il fatto che la laurea sia stata conseguita in un Paese non comunitario impone al medico di chiederne il riconoscimento al Ministero della Salute, come descritto al punto n. 2.
Anche in questo caso, dopo il riconoscimento del titolo (o il superamento degli esami o verifiche integrative), è necessario svolgere la prova di verifica di conoscenza della lingua italiana e delle normative nazionali, come descritto al punto n. 4.

Ipotesi n. 6 – Medici non UE laureati in Italia
I medici cittadini non UE sono soggetti alle regole previste dalle leggi sull’immigrazione, per cui devono essere in possesso di un permesso di soggiorno in Italia in corso di validità.
Ai fini dell’iscrizione agli Albi professionali, le tipologie di permessi di soggiorno considerate valide sono le seguenti:

  • Per motivi di lavoro (autonomo o subordinato) o in attesa di occupazione;
  • Per motivi familiari;
  • Per motivi di studio e formazione, limitatamente al periodo di studio e formazione, con la precisazione che tale tipologia di permesso di soggiorno consente al medico l’esercizio di attività lavorativa per un tempo non superiore a 20 ore settimanali e, comunque, per non più di 1040 ore di lavoro annue.

Il permesso di soggiorno ha sempre una scadenza per cui deve essere periodicamente rinnovato presso la Questura. Il mancato rinnovo comporta la cancellazione dall’Albo e, quindi, l’impossibilità di proseguire ad esercitare la professione in Italia.
É ovviamente titolo valido anche la carta di soggiorno a tempo indeterminato, che sostituisce il permesso di soggiorno temporaneo.
Per quanto riguarda il titolo di studio, la laurea conseguita in Italia non pone alcuna necessità di riconoscimento. Tuttavia bisogna valutare se tutto il corso di laurea è stato svolto in Italia oppure se una parte degli esami sono stati sostenuti all’estero e solo gli altri in Italia. In questo secondo caso, infatti, la frequenza solo parziale del corso di laurea in Italia consente l’iscrizione all’Albo del richiedente solo se congiunta al possesso di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (autonomo o subordinato), in attesa di occupazione o per motivi familiari. Viceversa, se il medico è in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di studio, lo svolgimento parziale del corso di laurea in Italia non consente l’iscrizione all’Albo professionale italiano.
Infine è necessario verificare se il medico sia stato ammesso a frequentare il corso di laurea in Italia in soprannumero grazie ad una apposita autorizzazione e finanziamento del suo Paese di provenienza perché in questo caso il medico, una volta terminati gli studi, non può rimanere a lavorare in Italia ma deve rientrare nel suo Paese di origine, che gli ha finanziato gli studi.
Tutti questi aspetti (regolarità del soggiorno, regolarità del titolo) sono valutati dal Ministero della Salute al quale l’Ordine chiede un previo parere prima di poter iscrivere all’Albo il richiedente, anche perché la normativa sull’immigrazione attribuisce al Ministero la valutazione circa la compatibilità con i flussi migratori in ingresso. Di conseguenza l’Ordine si attiene al parere espresso dal Ministero.

Ipotesi n. 7 – Medici non UE laureati nella UE
Per quanto riguarda i motivi del soggiorno in Italia, valgono le stesse indicazioni date al punto precedente.
Per quanto riguarda, invece, il titolo di studio, è necessario il previo riconoscimento da parte del Ministero della Salute, come descritto al punto n. 1.
Infine è necessario procedere alla verifica della conoscenza della lingua italiana, come descritto al punto n. 4.

Ipotesi n. 8 – Medici non UE laureati fuori dalla UE
Per quanto riguarda i motivi del soggiorno in Italia, valgono le stesse indicazioni date al punto n. 6.
Per quanto riguarda, invece, il titolo di studio, è necessario il previo riconoscimento, come descritto al punto n. 2.
Infine è necessario procedere alla verifica della conoscenza della lingua italiana, come descritto al punto n. 4.

Caso particolare: laurea non comunitaria già riconosciuta da un Paese UE
L’eventuale riconoscimento della laurea non comunitaria da parte di un Paese UE non comporta l’automatico riconoscimento del titolo anche in Italia.
É perciò necessario che il medico presenti comunque al Ministero della Salute la domanda di riconoscimento come descritto al punto n. 2, facendo presente di aver già ottenuto il riconoscimento in un altro Paese UE.

Lavoro occasionale in Italia di medici cittadini UE
Le direttive comunitarie prevedono che il medico cittadino UE possa liberamente svolgere atti medici in tutti i Paesi della UE, senza bisogno di stabilirsi in un Paese, ma svolgendo solo attività occasionali. In questo caso di parla di “Libera prestazione di servizi”.
In questo caso il medico, che deve essere legalmente stabilito in uno Stato UE per esercitarvi la stessa professione, deve informare il Ministero della Salute con una dichiarazione preventiva (almeno 30 giorni prima di compiere atti medici in Italia) indicando luogo e data di esecuzione degli atti medici in Italia. Nel caso in cui sussistano tutte le condizioni previste dalla norma di riferimento, il Ministero della Salute comunica la propria decisione positiva circa l'effettuazione, in Italia, della libera prestazione dei servizi da parte del professionista.
Il medico, a questo punto, può svolgere gli atti medici che ha dichiarato di voler eseguire, senza bisogno di iscriversi all’Ordine e senza bisogno di fissare la residenza in Italia e senza necessità di dimostrare di conoscere la lingua italiana.
In casi di documentata urgenza, il medico può inoltrare al Ministero la sua dichiarazione anche entro un termine più breve dei 30 giorni ordinari.
La modulistica per la dichiarazione della libera prestazione di servizi è disponibile sul sito internet del Ministero della Salute: www.salute.gov.it/ProfessioniSanitariePubblico/.
E’ opportuno sottolineare che l’esercizio della professione medica in Italia senza l’iscrizione all’Ordine è consentita solo e soltanto nel caso sopra descritto: per prestazioni occasionali rese da medici UE e previa comunicazione al Ministero della Salute. I medici non comunitari non possono svolgere alcun atto medico in Italia, nemmeno occasionale, se prima non abbiano ottenuto l’iscrizione all’Ordine (la quale, come visto sopra, è condizionata al riconoscimento del titolo, alla regolarità del soggiorno, all’accertamento della conoscenza della lingua italiana).

Prestazioni occasionali in Italia di medici cittadini extra UE nell’ambito di eventi formativi o di aggiornamento professionale
Il medico cittadino extra UE che intende partecipare a iniziative di formazione e/o aggiornamento in Italia che comportano lo svolgimento di attività clinica presso aziende ospedaliere, aziende universitarie e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), deve presentare domanda al Ministero della Salute ai fini del rilascio dell’autorizzazione temporanea almeno 30 giorni prima dell’evento.
La domanda e la prevista documentazione deve essere trasmessa al Ministero esclusivamente tramite l'azienda ospedaliera, l'azienda universitaria e l'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) che organizza l’iniziativa di formazione e/o aggiornamento. Il Ministero della salute, verificata la completezza e regolarità della documentazione trasmessa, autorizza lo svolgimento di attività di carattere sanitario esclusivamente nell’ambito dell’iniziativa di formazione o di aggiornamento per la quale è rilasciata ed esclusivamente presso l’ azienda ospedaliera, l’azienda universitaria e l’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), sotto la cui responsabilità è organizzata l’iniziativa di formazione o di aggiornamento e sotto la supervisione del tutor.
L’autorizzazione temporanea non costituisce riconoscimento della qualifica professionale di medico e pertanto l’esercizio della professione sanitaria in Italia al di fuori dei suddetti limiti costituisce violazione della legge penale.
Per i cittadini extra UE la procedura è disponibile sul sito internet del Ministero della Salute: https://www.salute.gov.it/portale/riconoscimentoQualifiche/dettaglioSchedaRiconoscimentoQualifiche.jsp?idMat=PROFS&idAmb=RTENC&idSrv=S&flag=P

Tempi per la valutazione delle istanze
La domanda di iscrizione all’Albo presentata all’Ordine per tutti i casi sopra descritti, necessita di una adeguata istruttoria che consiste nella verifica dei dati autocertificati dal medico e, quando necessario, nell’acquisizione del previo parere favorevole da parte del Ministero della Salute.
Tale attività istruttoria può necessitare di più o meno tempo, in dipendenza della semplicità o complessità del caso specifico.
In ogni caso l’Ordine delibera definitivamente sull’accoglimento o il rigetto dell’istanza entro il termine legale massimo di tre mesi dalla data di presentazione della domanda.

Per approfondire:

pdf FNOMCEO Circolare 35/2015 (166 KB)

pdf FNOMCEO Circolare 25bis/2007 (337 KB)

pdf MINISTERO SALUTE Circolare 1259/2000 (1.05 MB)

ENGLISH VERSION

Doctors who do not have Italian citizenship or whose medical degree was conferred from a medical school outside Italy must meet the requirements to register with the Italian Medical Council in order to practice the medical profession in Italy.
Regulations take account of citizenship and legislation on immigration and also the validity of the qualification attained outside Italy.
The European Union (EU) comprises the following countries: Austria, Belgium, Bulgaria, Cyprus, Croatia, Czech Republic, Denmark, Estonia, Finland, France, Germany, Greece, Hungary, Ireland, Italy, Latvia, Lithuania, Luxemburg, Malta, Netherlands, Poland, Portugal, Romania, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden. Citizens of these Nations are “EU citizens” and a degree conferred in these Nations is a “community degree”.
The European Economic Area (EEA) members are (in addition to the above-mentioned countries): Iceland, Liechtenstein, Norway, United Kingdom. For the purpose of this document, EEA citizen have the same entitlement as EU citizens.
Citizens of Switzerland, although they are neither EU nor EEA citizens, also have the same entitlement as EU citizens (for the purpose of this document).
For simplicity, in this document “EU” refers to the member countries of the European Union, the European Economic Area and Switzerland. Citizens of all other countries do not have the same entitlements.
It is compulsory to be registered with the Italian Medical Council to practice medicine in Italy.
In general applicants are from the following categories:

  1. Doctor with Italian citizenship graduated abroad in an EU country;
  2. Doctor with Italian citizenship graduated abroad in a country outside the EU;
  3. Doctor with EU citizenship graduated in Italy;
  4. Doctor with EU citizenship graduated in an EU country;
  5. Doctor with EU citizenship graduated in a country outside the EU;
  6. Doctor without EU citizenship graduated in Italy;
  7. Doctor without EU citizenship graduated in an EU country;
  8. Doctor without EU citizenship graduated in a country outside the EU

Number 1 – Doctor with Italian citizenship graduated abroad in an EU country
Before registering with the Italian Medical Council in order to practice medicine in Italy, the Community Degree must be recognised by the Italian Health Ministry. The application form which must be lodged, together with all information, can be found at: http://www.salute.gov.it/ProfessioniSanitariePubblico/.
A formal decree recognizing the qualification is usually obtained quite quickly, enabling the doctor to register with the Italian Medical Council in the province of residence. The doctor is not required to sit for the qualifying examination.
The doctor must apply within 2 years for registration with the Italian Medical Council and thereafter practise medicine in Italy.

Number 2 – Doctor with Italian citizenship graduated abroad in a country outside the EU
Also in this case it is necessary to obtain recognition of the qualification by the Italian Health Ministry, for which an application must be submitted (see above). Moreover, as the degree was obtained outside the EU, the Ministry of Education, Universities and Research  must also give approval. The two Offices examine the course of study carried out by the doctor, reaching one of the following conclusions:

  1. immediate decree of recognition of the degree; the doctor must apply for registration at the Italian Medical Council within two years
  2. the candidate may have to undergo assessment or else integrate his course of study with further study at an Italian University. On completion of the requisite further studies, the doctor will obtain a degree which is valid in Italy. He must then pass the qualifying examination to practise the profession before registering with the Italian Medical Council  in the province of residence.
  3. the application is rejected; in which case the applicant cannot register with the Italian Medical Council and cannot practice medicine in Italy.

Number 3 – EU doctor graduated in Italy
The right of establishment enables EU doctors to reside permanently and work in any EU country.
No permit of stay is required, however the doctor must take up residence in Italy. Having been conferred in Italy, the degree does not require recognition. Once the doctor has passed the qualifying exam to practise, he must register with the Italian Medical Council in the province where he lives.

Number 4 – EU doctor graduated in an EU country
The doctor has the same entitlement to reside and work in Italy. However in this case, recognition of the degree must be obtained from the Italian Health Ministry (see n. 1).
The doctor must speak Italian and he must know the standards and policies which regulate practice of the medical profession in Italy. The doctor must pass an examination on these subjects which is held at the Italian Medical Council, where the doctor applies for registration. Achieving a pass, the doctor will be registered on the National Register of Practitioners and may practise medicine in Italy. If he does not pass the exam, he must sit it again at a future date.

Number 5 – EU doctor graduated in a country outside the EU
The doctor is entitled to reside and work in Italy. As the degree was conferred in a country outside the EU the doctor must obtain recognition of the qualification from Italian Health Ministry, as in Number  2.
Also in this case, following recognition of his degree (either directly or following further assessment or examinations) he must pass an exam on Italian language and on the regulations that all registered medical practitioners must meet (see n. 4).

Number 6 – Doctor without EU citizenship graduated in Italy
A doctor without EU citizenship is subject to the EU Immigration laws. He must be in possession of a valid Permit to Stay.
In order to be a registered doctor, one of the following Permits to Stay are required:

  • for work (self-employed or employed) or awaiting employment;
  • for family reasons;
  • for studying and training, limited to the period of study and training. This permit consents no more than 20 hours work a week, and therefore no more than 1040 hours per year.

A Permit to Stay which is valid for a determined period must be renewed at the police headquarters. Failing to renew a Permit of Stay would result in being taken off the national register of practitioners and therefore no longer able to practise medicine in Italy. Needless to say, a Permit to Stay without an expiratory date enables the doctor to be registered.
A medical degree conferred in Italy does not require recognition. However, it is necessary to establish if the entire study plan has been completed in an Italian University, or alternatively, if a number of exams were passed abroad and a number in Italy. In the second case, in order to be registered in the National Register of Practitioners the applicant must have a valid Permit to Stay for the purpose of work (self-employed or employee), or awaiting employment or family.
However, if the applicant holds a Permit of Stay for study purposes, completing only a part of the study plan/exams in Italy does not consent registration on the National Register of Practitioners.
In addition, it must be verified if the doctor was admitted to the Course as a supernumerary student, authorised and financed by his country of origin and, in which case, once he has completed his studies he cannot remain in Italy to work, but he is obliged to return to his country of origin.
Before registering an applicant, the Italian Medical Council must consult the Italian Health Ministry, which is the competent authority to assess the above circumstances. Furthermore, the Ministry must take into account immigration regulations and current migration flow.

Number 7 – Doctor without EU citizenship graduated in the EU
The applicant must have a valid Permit to Stay (for details see n. 6). The qualification must be recognised by the Italian Health Ministry. For details see Number 1. The applicant must undergo assessment for adequate Italian language skills (see  n. 4).

Number 8 – Doctor without EU citizenship graduated in a country outside the EU
The applicant must have a valid Permit to Stay (for details see n. 6). The qualification must be recognised by the Italian Health Ministry together with the Ministry of Education, Universities and Research (for details see n. 2). The applicant must undergo assessment for adequate Italian language skills (see n. 4).

Other circumstances: A degree conferred in a country outside the EU, which has been recognised by an EU country
A degree conferred in a country outside the EU, which has already been recognised by a member country of the EU is NOT automatically recognised in Italy. The doctor must therefore apply to the Italian Health Ministry for recognition of the qualification (for details see n. 2), noting the degree has already been recognised by another member country of the EU.

Occasional medical practise in Italy by EU citizen Doctors
A Community directive permits a doctor with citizenship of an EU country to practise medicine freely in all EU countries without the requirement of residency, however only on an irregular basis (libera prestazione di servizi).
In this case, the doctor must legally reside in a member country of the UE and practise the same profession. He must make a prior declaration to the Italian Health Ministry (at least 30 days beforehand), indicating the place and date when he will practise the profession. In the event all conditions of the directive are met, the Italian Health Ministry will give approval and the doctor may effectuate the approved professional services. He is NOT required to register with the Italian Medical Council, nor take up residency in Italy, nor be assessed on his Italian language skills.
In cases of documented urgency, the doctor may forward a prior declaration to the Italian Health Ministry in less than the requisite 30 days. The form for the declaration of occasional professional services is available at http://www.salute.gov.it/ProfessioniSanitariePubblico/.
It is important to note that the practise of the medical profession in Italy without registration with the Italian Medical Council is permitted only in the above case: occasional professional services rendered by doctors with EU citizenship and subject to prior communication to the Italian Health Ministry.
Doctors without EU citizenship cannot practise medicine in Italy under any circumstance, without first being registered with the Italian Medical Council. As detailed above, registration requires recognition of the qualification by the competent authority in Italy, a valid Permit to Stay and assessment of Italian language skills.

Occasional services as part of educational and training events provided by non-EU citizen Doctors
In Italy, in order to participate in training initiatives that include clinical activities within hospitals, universities and IRCCS biomedical institutions (Scientific Institute for Research, Hospitalization and Healthcare), non-EU citizen Doctors are required to apply to the Italian Department of Health, at least 30 days before the event to obtain the mandatory authorization.
The application and the documentation required must be sent to the Italian Department of Health exclusively through the hospital, the university and/or IRCCS biomedical institute which organizes the training event. The Department of Health, once verified the documentation transmitted, authorizes the medical activities exclusively for the updated training initiative for which it is issued and exclusively within the hospital, the university and/or the IRCCS biomedical institute, under whose Tutor supervision and responsibility the training event is organized.
The authorization is temporary and does not represent the professional qualification as Doctor and therefore the exercise of the medical profession in Italy outside the aforementioned limits constitutes a violation of criminal law.
The procedure is available on the Italian Department of Health official website: https://www.salute.gov.it/portale/riconoscimentoQualifiche/dettaglioSchedaRiconoscimentoQualifiche.jsp?idMat=PROFS&idAmb=RTENC&idSrv=S&flag=P

Time frame for the assessment of applications
For all cases described above, an application for registration on the National Register of Practitioners, presented to the Italian Medical Council, necessitates a close examination. The length of time required is conditioned by the complexity of the application. The Italian Medical Council must accept the application or reject the application within the legal time limit of three months from the date of presentation.

To know more:

pdf FNOMCEO Circolare 35/2015 (166 KB)

pdf FNOMCEO Circolare 25bis/2007 (337 KB)

pdf MINISTERO SALUTE Circolare 1259/2000 (1.05 MB)

Quali sono le norme che regolamentano l'attività sportiva?
L’attività sportiva agonistica è regolamentata dal Decreto Ministeriale del 18 febbraio 1982, mentre la regolamentazione dell’attività amatoriale ludico-motoria e dell’attività non agonistica è contenuta nel Decreto Ministeriale del 24 aprile 2013 e dall’art. 42-bis della Legge 09/08/2013 n. 98. Inoltre si tiene conto delle Linee Guida emanate del Ministero della Salute con Decreto del 08/08/2014.
Per quanto riguarda le specificità regionali, si tiene conto della Legge Regione Toscana n. 35 del 09/07/2003, che ha sostituito la precedente Legge Regionale n. 94 del 15/12/1994.

Quali sono le tipologie di attività fisica di cui si occupano queste norme?
Sono sostanzialmente tre, in ordine crescente di impegno psico-fisico:

  • L’attività ludico-motoria;
  • L’attività sportiva non agonistica;
  • L’attività sportiva agonistica.

Cominciamo proprio dall'attività ludico-motoria. Cos'è, con maggiore esattezza?
Per attività ludico-motoria/amatoriale si intende quella praticata da soggetti non tesserati con le Federazioni sportive nazionali o con gli Enti di promozione sportiva e finalizzata al raggiungimento e al mantenimento del benessere psico-fisico della persona.
L’attività ludico-motoria/amatoriale, quindi, non è attività sportiva, in quanto non è finalizzata al raggiungimento di prestazioni di nessn livello e non prevede alcun aspetto competitivo.

Si può fare qualche esempio di attività ludico-motoria?
Ad esempio fare jogging al parco, fare fitness in palestra, fare danza, andare in piscina o altre attività similari. Anche fare calcetto o giocare a tennis con gli amici è attività ludico-motoria se l’attività viene svolta al di fuori di ogni contesto di gare o competizioni promosse da società sportive.
Se invece queste stesse attività sono praticate da soggetti tesserati con le Federazioni sportive nazionali o con gli Enti di promozione sportiva, allora si ricade nell'attività sportiva vera e propria che può essere di tipo agonistico o non agonistico a seconda dell'impegno psico-fisico richiesto.

Allora, per andare in palestra è necessario o no il certificato medico?
Come detto sopra, se la palestra è affiliata ad una Federazione sportiva nazionale o ad un Ente di promozione sportiva e il cliente viene tesserato all'atto dell'iscrizione in palestra, allora è necessario produrre il certificato medico di idoneità all'attività sportiva. In tal caso la palestra deve rilasciare al cliente un modulo ove richiede il certificato medico esplicitando chiaramente a quale Federazione Sportiva o Ente di promozione sportiva è affiliata.
Se, invece, la palestra non è affiliata a nessuna Federazione sportiva nazionale o a nessun Ente di promozione sportiva, allora il cliente vi svolge soltanto un'attività ludico-motoria e quindi non serve alcun certificato medico.
Vi possono essere palestre affiliate ad una Federazione sportiva nazionale o ad un Ente di promozione sportiva, in cui alcuni clienti vengono tesserati, mentre altri no. In questi casi, solo i clienti tesserati devono presentare il certificato per attività sportiva, mentre gli altri non devono presentare alcunché.
Ovviamente quanto detto sopra vale non solo per le palestre, ma anche per le piscine e altri impianti sportivi.

Per lo svolgimento dell'attività ludico-motoria è necessaria una valutazione medica con relativa certificazione?
Come detto sopra, non è necessaria alcuna certificazione medica e quindi l'attività ludico-motoria può essere svolta in forma libera.
In ogni caso, pur non essendovi nessun obbligo di certificazione medica, il cittadino può certamente chiedere un consiglio al proprio medico sull’attività che intende intraprendere. Ma non perché vi sia un obbligo in tal senso, ma solo per una valutazione di opportunità.

In questo caso, a quale medico sarebbe opportuno rivolgersi?
Preferibilmente al medico di famiglia o pediatra che conosce l’assistito e quindi è in grado di valutare il caso con maggiori elementi di giudizio. Ma in linea di principio qualunque medico è in grado di dare questo tipo di consigli.

E se il cittadino richiede comunque al medico la redazione di un certificato?
Il medico, dopo aver fatto presente che questo certificato non è necessario, può comunque rilasciarne uno dove attesta che il cittadino non ha patologie in atto e che quindi può svolgere attività ludico-motoria.

Questo certificato è a pagamento?
Sì, perché trattandosi di un certificato non necessario, non è coperto dal Servizio Sanitario Nazionale.

Quant’è l’importo da pagare?
Non esiste una tariffa predeterminata, per cui l’importo della prestazione è lasciato alla valutazione del medico che però deve farlo conoscere in anticipo all’assistito.

Passiamo all’attività sportiva non agonistica. Cos’è di preciso?
Si considera attività sportiva non agonistica quella svolta dai seguenti soggetti:

  • Alunni che svolgono attività sportiva organizzata dalle scuole nell’ambito delle attività parascolastiche in orario extra-curriculare;
  • Studenti che partecipano ai Giochi della Gioventù nelle fasi precedenti a quella nazionale;
  • Tutti coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che però non siano considerati atleti agonisti.

Per l’attività sportiva non agonistica, come sopra definita, è necessario il certificato medico?
Sì, è obbligatorio il certificato medico, tranne che per alcuni sport per i quali l'impegno fisico è molto ridotto o assente.

Quali sono questi sport con impegno fisico ridotto o assente?
Gli sport di tiro (tiro a segno, tiro a volo, tiro con l'arco, tiro dinamico sportivo), il biliardo sportivo, le bocce (ad eccezione della specialità volo di tiro veloce), il bowling, il bridge, la dama, i giochi e gli sport tradizionali (regolamentati dalla FIGEST), il golf, la pesca sportiva di superficie (ad eccezione della pesca d'altura), gli scacchi, il curling.
Inoltre sono comprese nella categoria esonerata dall'obbligo del certificato medico anche le attività con impegno fisico minimo come l'aeromodellismo, le imbarcazioni radiocomandate, l'attività sportiva cinotecnica.

Per tutti gli altri sport, chi può rilasciare il certificato non agonistico?
I medici specialisti in medicina dello sport e i medici della Federazione medico-sportiva del CONI, presso gli ambulatori delle ASL o presso i centri privati accreditati e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, limitatamente ai propri assistiti in carico.

Quali esami clinici sono necessari?
Prima del rilascio del certificato, il medico deve raccogliere l'anamnesi ed eseguire un esame obiettivo con misurazione della pressione.
Inoltre deve acquisire agli atti copia del referto di un elettrocardiogramma a riposo effettuato dal paziente almeno una volta nella vita.
Se il paziente ha più di 60 anni e presenta fattori di rischio cardiovascolare, è necessario prescrivere un elettrocardiogramma basale ogni anno. Anche in questo caso, copia del referto deve essere acquisita agli atti del medico certificatore.
A prescindere dall'età, se il paziente soffre di patologie croniche conclamate che comportano un aumento del rischio cardiovascolare, è necessario prescrivere un elettrocardiogramma basale ogni anno. Anche in questo caso, copia del referto deve essere acquisita agli atti del medico certificatore.
Il medico può in ogni caso prescrivere anche altri accertamenti ed esami, in relazioni alle specifiche necessità del paziente, così come può avvalersi, secondo il suo giudizio clinico, della consulenza di un medico sportivo o di un altro collega specialista nella specifica branca.

I certificati per l’attività non agonistica sono a pagamento?
Se rilasciati dai medici sportivi sono a pagamento.
Se rilasciati dai medici di famiglia o dai pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, sono gratuiti ma solo nei seguenti casi: attività sportive parascolastiche, su richiesta del Dirigente Scolastico, e partecipazione ai Giochi della Gioventù nelle fasi precedenti a quella regionale. Per tutti gli altri casi (ad esempio per attività non agonistica da svolgersi presso società sportive o Enti di promozione sportiva) sono a pagamento.
Per quanto riguarda l'esame strumentale ECG, il costo di norma è a carico del cittadino. Tuttavia la Regione Toscana ha previso l'esenzione nel caso in cui l'ECG venga svolto nell'ambito della visita medico sportiva presso i presidi ASL finalizzata al certificato per le attività parascolastiche (Delibera Giunta Regionale 1606/2020).

Quanto tempo vale il certificato di idoneità per l’attività non agonistica?
Ha validità per 1 anno dalla data del rilascio.

Cosa deve scrivere il medico sul certificato che rilascia?
Il certificato deve essere conforme al modello ministeriale, approvato con Decreto dell'8 agosto 2014: certificato non agonistico.pdf. In buona sostanza nel certificato si attesta che, sulla base della visita medica effettuata, dei valori pressori, nonché del referto del tracciato ECG, il soggetto non presenta controindicazioni in atto alla pratica di attività sportiva non agonistica.
Inoltre il medico deve indicare che il certificato ha validità di 1 anno dalla data del rilascio.
E' necessario che il timbro del medico riporti con chiarezza la sua qualifica che lo abilita al rilascio del certificato: o specialista in medicina dello sport, o medico di medicina generale, o pediatra, o medico iscritto alla Federazione Medico-Sportiva del CONI.

A proposito di studenti: per frequentare le ore di educazione fisica è necessario un qualche tipo di certificato medico?
Assolutamente no. L'educazione fisica è una materia scolastica curriculare e, in quanto tale, la sua frequenza è obbligatoria per tutti gli studenti senza alcuna necessità di certificazione medica.
Semmai il certificato medico potrebbe essere necessario nell'ipotesi contraria, cioè per chiedere l'esonero dalla frequenza delle lezioni di educazione fisica, quando lo stato di salute dello studente ne sconsiglia la partecipazione.

Esistono alcune attività fisiche specifiche che impongono una particolare attenzione clinica?
Sì, quando un soggetto non tesserato ad una società sportiva partecipa a manifestazioni di “particolare ed elevato impegno cardiovascolare” patrocinate da società sportive. Ad esempio: manifestazioni podistiche di lunghezza superiore ai 20 km, granfondo di ciclismo, di nuoto, di sci di fondo o altre tipologie analoghe.
In questi casi, il controllo medico deve necessariamente comprendere, oltre alla rilevazione della pressione arteriosa, un elettrocardiogramma basale, uno step test o un test ergometrico con monitoraggio dell’attività cardiaca e altri eventuali accertamenti ritenuti utili e opportuni a giudizio del medico.

Quali medici possono rilasciare questo tipo di certificato?
I medici specialisti in medicina dello sport presso gli ambulatori della ASL o i centri privati accreditati o i medici di medicina generale e pediatri, limitatamente ai propri assistiti.

I certificati per attività sportiva di particolare ed elevato impegno cardiovascolare sono a pagamento?
Sì, con oneri a carico del richiedente.

Quanto tempo vale questo tipo di certificato?
Ha validità per 1 anno dalla data del rilascio.

Cosa deve scrivere il medico sul certificato che rilascia?
Il certificato deve essere conforme al modello ministeriale, approvato con Decreto del 24 aprile 2013: Certificato particolare impegno cardiovascolare.pdf. In buona sostanza nel certificato si attesta che, sulla base della visita medica effettuata, dei valori di pressione arteriosa rilevati, nonché del referto degli esami strumentali eseguiti (con indicazione della tipologia e della della data dei vari test ed esami svolti), il soggetto non presenta controindicazioni in atto alla pratica di attività sportiva di particolare ed elevato impegno cardiovascolare di cui all’art. 4 del Decreto Ministeriale 24/04/2013.
Inoltre il medico deve indicare che il certificato ha validità di 1 anno dalla data del rilascio.

Parliamo infine dell'attività agonistica. Cos'è esattamente?
Per attività agonistica si intende quella attività praticata continuativamente, sistematicamente ed esclusivamente in forme organizzate dalle Federazioni sportive nazionali, dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal Ministero dell'Istruzione, per quanto riguarda i Giochi della Gioventù a livello nazionale.
Tale attività ha lo scopo di conseguire prestazioni sportive di elevato livello.
La qualificazione sportiva agonistica, anche in base ai limiti di età, è stabilita da ogni singola Federazione sportiva e dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

Cos'è il libretto sanitario sportivo?
E' il libretto strettamente personale sul quale devono essere annotati i dati dell'atleta e gli estremi delle visite medico-sportive superate.
E' un documento indispensabile per l'attività sportiva agonistica, che ogni atleta deve possedere e che deve essere esibito in occasione delle visite medico-sportive.

Chi rilascia il libretto sanitario sportivo?
I centri di medicina dello sport delle ASL o privati accreditati al momento della prima visita medico-sportiva.

Chi può rilasciare il certificato di idoneità all'attività agonistica?
Esclusivamente i medici specialisti in medicina dello sport presso i centri pubblici o privati accreditati.

Chi deve richiedere l'idoneità sportiva agonistica? L'alteta o la società sportiva cui appartiene?
La richiesta deve provenire dalla società sportiva e deve essere redatta secondo il modulo regionale. L'alteta si deve presentare al centro di medicina dello sport con tale richiesta e con il suo libretto sanitario sportivo.

Perché non può essere l'atleta stesso a richiedere l'idoneità agonistica?
Perchè la valutazione del tipo di attività svolta dall'atleta e la qualificazione di tale attività come agonistica o non agonistica, spetta alla società sportiva, sulla base delle determinazioni delle Federazioni sportive nazionali e del CONI.
La richiesta a titolo personale da parte del cittadino di idoneità all'attività agonistica è possibile solo per quelle attività che non rientrano sotto l'egida del CONI, come ad esempio quando un soggetto intende partecipare al concorso per allievi ufficiali e deve dimostrare di possedere l'idoneità agonistica.

Come si svolge la visita per attività agonistica?
Il medico specialista in medicina dello sport deve effettuare personalmente la visita medica, garantendo l'effettuazione di tutti gli accertamenti clinici e di diagnostica strumentale necessari. In altre parole, il giudizio finale di idoneità non può essere disgiunto dalla effettuazione degli atti necessari alla formulazione del giudizio stesso.
In particolare deve essere effettuato l'IRI test, sotto il controllo dello specialista e monitoraggio elettrocardiografico. Per tutti gli alteti di età superiore ai 40 anni deve essere eseguito il test da sforzo massimale al cicloergometro o al nastro trasportatore con registrazione del tracciato ECG prima, durante e dopo lo sforzo.
La visita può essere integrata da accertamenti, di laboratorio o strumentali, laddove il medico sportivo li ritenga necessari a chiarire eventuali dubbi diagnostici.
Infine è dovere del medico sportivo informare l'atleta sui rischi per la salute connessi all'uso di sostanze dopanti.

C'è un limite di età per l'attività agonistica?
Come detto sopra, spetta alle Federazioni sportive nazionali e al CONI stabilire, per ciascuna disciplina sportiva, i limiti minimi ed eventualmente massimi di età per accedere all'attività agonistica.
Per esempio, per il tennis l'età minima per l'attività agonistica è 8 anni; per il calcio, l'atletica leggera e le arti marziali è 12 anni; per il ciclismo 13, per il pugilato 14.

Nel caso di atleti minorenni, serve il consenso dei genitori?
Certamente sì. Infatti al momento della visita deve essere presente almeno un genitore.

Cosa va scritto sul certificato per l'attività agonistica?
Una dizione corretta è la seguente: "Si certifica che il Sig. (nome e cognome) è idoneo all'attività sportiva agonistica per la disciplina ...".
L'indicazione della specifica disciplina sportiva per il quale viene formulato il giudizio di idoneità per attività agonistica è indispensabile. Pertanto se l'atleta pratica più attività sportive, tutte in maniera agonistica, avrà bisogno di distinti e separati certificati di idoneità, uno per ogni disciplina sportiva agonistica.

Quanto tempo vale il certificato per l'attività agonistica?
Di norma ha validità di un anno dalla sua emissione, salvo che per alcuni sport per il quale vale due anni (ad esempio per le bocce, il golf).

C'è altro da sapere?
L'attività motoria e sportiva deve essere valorizzata, in quanto strumento per promuovere corretti stili di vita e benessere igienico-sanitario. Il ruolo del medico, quindi, non deve essere solo quello di puro e semplice "certificatore", ma soprattutto di soggetto fiduciario che è in grado di consigliare, spiegare e suggerire le migliori scelte ai propri assistiti, soprattutto sensibilizzando gli sportivi, in particolar modo quelli più giovani, a rifuggire le tentazioni del doping.
In questo senso, l'opera del medico di famiglia, del pediatra e del medico sportivo è particolarmente utile e preziosa.